L’Eurogruppo riunito a Bruxelles comincia a parlare del nuovo Patto di Stabilità che entrerà in vigore il prossimo anno. Come annunciato dal vice presidente della Commissione Valdis Dombovskis le prime proposte dell’esecutivo comunitario potrebbero arrivare tra febbraio e marzo. Il confronto entrerà nel vivo al vertice europeo previsto per il 23 e 24 giugno Nel frattempo – ha aggiunto Dombrovskis – è importante che emerga un consenso sulla direzione della revisione”.
La mediazione non sarà semplicissima visto che all’interno dell’Eurogruppo si confrontano, come da tradizione due strategie opposte. Da una parte la crescita, dall’altra il rigore. Niente di nuovo sotto il sole se non la composizione delle squadre che potrebbe preludere a novità molto importanti. Il cambio più importante è quello della Francia. Non indossa più la casacca dell’austerità come dieci anni fa quando l’asse fra Sarkozy e Angela Merkel impose la camicia di forza all’Eurozona con il risultato di far crescere le formazioni anti-europeiste.
Il ministro francese delle finanze Bruno Le Maire ha chiarito che “la crescita viene prima della stabilità”. Come previsto il suo collega tedesco Christian Lindner, alla prima apparizione al’Eurogruppo ha sostenuto sostanzialmente il contrario “Il Patto di stabilità ha mostrato di essere flessibile durante la crisi, adesso è il momento di costruire lo spazio nei bilanci per rendere resiliente anche il settore pubblico”. Affermazioni che riecheggiano quelle espresse da Wolfgang Scheuble, ministro delle finanze tedesco ai tempi in cui Berlino declinava solo il verbo dell’austerità. Dieci anni non sono passati invano e la Germania deve fare i conti con il presente: “Io e Bruno Le Maire Bruno siamo politici realistici e non dei sognatori -dice Lindner- Troveremo il modo di confrontarci sull’ulteriore sviluppo del Patto di stabilità e su tutte le altre questioni all’ordine del giorno quest’anno”.
Il commissario agli Affari Economici, Paolo Gentiloni cerca di smussare gli angoli. Invita a tenere conto della situazione dell’economia europea dopo il Covid e all’inizio di una corsa forzata alla transizione digitale e soprattutto ecologica nello spazio di una generazione e mezzo.
Ma le vere novità vengono dal fronte dei “frugali” che non appare più granitico. E mentre l’Austria conferma la sua intransigenza (“Il debito resta debito. Ed è per questo che ci impegniamo a tornare a regole di bilancio più severe” dice Magnus Brunner, ministro delle finanze a Vienna) dall’Olanda arrivano parole che potrebbero davvero provocare un salto di parametro: “Non vedo l’ora di ascoltare i miei colleghi per sentire prospettive diverse. Apprezzo che ci siano sempre state forti divergenze su questioni chiave. È un anno molto importante per l’Unione europea” dice Sigrid Kaag, l’altra matricola dell’Eurogruppo. Una novità importante considerando che proprio l’Olanda aveva guidato il fronte dei “frugali” che lo scorso anno avevano disseminato di trappole il cammino del Recovery Fund.
Ora invece il nuovo governo appare disponibile a rivedere le regole sulla riduzione del debito. L’idea è di rallentare il ritmo di rientro, che le vecchie regole fissano a un ventesimo ogni anno della quota eccedente la soglia del 60 per cento in rapporto al pil. È vero che questa regola non è mai stata applicata. Ora potrebbe essere definitivamente abolita come sostengono Mario Draghi ed Emmanuel Macron. Tanto più che adesso la Ue dispone di uno strumento di persuasione ben più efficace e semplice da usare.
Vale a dire il Pnrr le cui rate vengono versate solo se il Paese rispetta impegni e regole. Lo sanno bene i governi di Budapest e Varsavia che si sono visti negare l’anticipo di sei miliardi avendo assunto decisioni incompatibili con la governance Ue.