La partita vera non è il Quirinale ma la lotta per l’egemonia del centrodestra tra Salvini e Meloni. Salvini, col solito stile ondivago, prima aveva detto che senza Draghi al Governo sarebbe andato all’opposizione. Poi ha fatto marcia indietro quando Berlusconi ha evocato le elezioni anticipate se Draghi lasciasse Palazzo Chigi. Evidente che Salvini è in trappola. Non vuole le elezioni, preferirebbe un anno di opposizione o in alternativa un ruolo chiave in un nuovo governo.
Se Berlusconi va al Quirinale Salvini deve continuare a sostenere Draghi. Se sarà Draghi a salire sul Colle, Forza Italia raggiungerà all’opposizione Fratelli d’Italia e Salvini sarebbe l’unico del centrodestra a sostenere un governo sicuramente meno autorevole di quello attuale. Potrà chiedere una posizione di rilievo puntando ad usarla col solito protagonismo. Ma sarà in forte difficoltà. Per questo ha proposto il governissimo con tutti i leader di partito dentro.
Intanto oggi a Villa Grande Berlusconi spiegherà che, numeri alla mano, ce la può fare e quindi chiederà a tutti di pronunciarsi. E tutti non potranno che dire di sì alla sua candidatura. Quello che poi succederà nelle votazioni a scrutinio segreto nessuno può prevederlo. Difficilmente Berlusconi porrà sul tavolo l’ipotesi di un piano B. A parole tutti i leader del centrodestra vogliono restare uniti anche nel caso di insuccesso del Cavaliere. Ma una sua eventuale bocciatura lacererebbe definitivamente quell’area politica e segnerebbe la fine di Forza Italia.
L’elezione di Berlusconi al Quirinale non fa dormire sonni tranquilli né a Salvini né a Meloni. Conoscono il Cavaliere. Sanno che non passerebbe le giornate con il cagnolino nei giardini del Quirinale. Con la sua forte personalità e la grande abilità ed esperienza politica diventerebbe lui il protagonista della scena anche nell’area di centrodestra. Pur restando nel suo ruolo superpartes avrebbe tutti gli strumenti per influenzare in maniera discreta ma efficace la politica del centro destra, togliendo a Salvini e Meloni lo scettro del comando.
Non è lecito dubitare della lealtà dei due leader a Berlusconi ma è ragionevole interrogarsi sulla coerenza delle loro strategie di lungo periodo con il voto per il Quirinale.