lunedì, 16 Dicembre, 2024
Società

Covid: studenti più diligenti della politica. Servono sostegni psicologici

Scuole aperte. Intervista alla prof. Paola Balducci

Istruzione e salute, due diritti costituzionali che sembrano paradossalmente entrati in rotta di collisione per la pandemia. Abbiamo affrontato il problema sul piano giuridico con la professoressa di diritto penale, Paola Balducci.

Giuridicamente è possibile creare una gerarchia tra i due diritti?
Il diritto alla salute ed il diritto all’istruzione, previsti in Costituzione, sono parimenti inalienabili. Più che di gerarchia si dovrebbe parlare di bilanciamento di diritti: è inevitabile che, al ricorrere di determinate condizioni, si debba “preferire” l’uno all’altro. In questo particolare contesto e periodo storico, i due diritti sono solo apparentemente in contrasto. Al netto dell’odierna situazione sanitaria, delle conoscenze acquisite e di un numero di vaccinati, tra i quali annoverare anche i più piccoli d’età, in continua crescita, il diritto all’istruzione deve essere preferito a quello della salute. Questo non significa che la salute dei nostri studenti e di tutto il personale addetto non sia importante, anzi. Dobbiamo solo prendere contezza del fatto che esistono dispositivi di protezione individuale e una serie di misure e buone pratiche attuate all’interno delle mura scolastiche che consentono di ridurre notevolmente il contagio. Per di più, dobbiamo essere estremamente riconoscenti verso quegli Istituti che di propria iniziativa, anche finanziaria, hanno dotato le aule dei sistemi di aereazione. E ancor più dobbiamo essere riconoscenti verso i ragazzi che si stanno dimostrando bravi nel rispettare le regole come indossare la mascherina per tante ore e vaccinarsi.

Sta dicendo che il bivio non doveva crearsi?
Chiudere le scuole mi sembra un alibi per non riconoscere che si è fatto troppo poco per tutelare il diritto costituzionale, ribadiamolo, all’istruzione su cui si basa la democrazia. Concordo con il Presidente Draghi quando parla di disuguaglianze create dalla Dad ma penso che proprio per questo bisognasse agire prima, e meglio, per evitarla. Occorreva cercare di mantenere alto lo standard di tutela all’interno delle aule al fine di consentire lo svolgimento in forma tradizionale delle lezioni.

Quindi tra il ritardare la riapertura delle scuole, ricorrere nuovamente alla Dad o tornare regolarmente in presenza nelle aule, quale soluzione secondo lei avrebbe maggiormente tutelato i diritti dei ragazzi?
Il differimento delle riaperture delle scuole poteva certo essere una valida proposta se non si fosse in balìa dell’incertezza. Per quanto tempo, infatti, assisteremo all’aumento esponenziale dei contagi? Possiamo davvero subordinare l’insegnamento, la necessità di far crescere culturalmente e personalmente i nostri studenti ad una serie di valutazioni aprioristiche che, sulla base di calcoli probabilistici, comunque ci inducono a navigare a vista? L’opzione delle “lezioni da remoto”: strumento efficacissimo durante i periodi più bui di questa pandemia, nel lungo periodo, però, ha fatto pagare agli studenti molti “scotti”. Non è affatto una questione di numeri, tra bocciati e promossi, quanto piuttosto degli effetti sulla capacità di concentrazione, di comprensione. È stato reciso, o comunque notevolmente affievolito, il rapporto tra studenti ed insegnanti, l’immediatezza del confronto, la capacità di confrontarsi e scambiare idee ed opinioni, la capacità di condividere gli stessi spazi nel rispetto di regole comuni. La terza via, quella di riaprire le scuole e tornare a far scuola in presenza, è apparsa quella preferita dal Governo: testimonia la coscienza di doversi abituare a convivere con il virus, pur mantenendo alto lo standard di tutela.

Lei concorda con questa decisione?
Certo, ma se le scuole, oggi, vengono considerate luoghi più sicuri rispetto all’inizio della pandemia è soprattutto merito dei nostri studenti, più attenti e diligenti rispetto a tanti altri cittadini, e allo spirito di sacrificio del corpo docente e Ata. Le Istituzioni dovevano fare di più. Per esempio? A parte le dotazioni strumentali e di prevenzione sanitaria, per me è stato grave rinunciare all’emendamento presentato alla Legge di Bilancio che prevedeva fondi anche per l’assistenza psicologica dei ragazzi, delle famiglie e del corpo docente. Gli psicologi non hanno dubbi sulla gravità delle conseguenze della privazione della socialità, del distanziamento e della scuola virtuale. Mi auguro che venga ripresentato come nuova norma nel nostro sistema giuridico.

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