Come conciliare, lo stallo economico e il crescente indebitamento pubblico degli Stati democratici con il benessere diffuso, con la tutela dei diritti nati e strutturatisi durante la felice, seconda parte del ‘900?
La mia risposta più efficace è da ricercare in una sottolineatura: la necessità di un superamento del vecchio Welfare State per approdare ad uno nuovo Welfare, unico possibile oggi in Europa, e in questa direzione pongo una questione dirimente: siamo sicuri che non sia possibile integrare tra loro le esperienze di welfare… che l’Europa ha prodotto sin dalle prime rivoluzioni industriali?
Immaginiamo: di rilanciare il modello di welfare sociale di matrice conservatrice, utilizzando le strutture ancor oggi operanti del welfare state (quelle sanitarie, assistenziali, scolastiche, ecc.); di utilizzare a pieno regime l’offerta del terzo settore, il volontariato, l’impegno delle Chiese, in primis la Cattolica, un mirato impiego dei migranti che, da esclusi sociali, potrebbero diventare risorsa per le attività di assistenza, con enormi vantaggi di integrazione sociale e di utilità comunitaria; che tante Istituzioni e Fondazioni filantropiche possano essere meglio canalizzate, coordinate e godere dell’utilizzo di strutture e infrastrutture esistenti con il risultato di favorire la mobilitazione di energie umane, finanziarie e cognitive; come un processo così orientato renderebbe agevole l’ingresso del capitale di rischio nel “mercato sociale”.
Nell’ Europa Centro-Settentrionale negli ultimi anni è stato favorito un incremento del 30% di investimenti privati in questo mercato, un esempio concreto con un grande potenziale in Italia è quello da me trattato a proposito delle RSA specializzate. Un altro esempio è quello del mercato mutualistico, nel quale è organizzabile la fruizione di straordinari vantaggi economici, fiscali e di assistenza per una completa tutela sanitaria e pensionistica per famiglie, giovani che iniziano sempre più tardi a lavorare e per i lavoratori all’interno delle aziende.
E ancora, la costruzione di reti informative smart, fondamentali per la diffusione della conoscenza, l’efficienza e la rapidità d’azione nel settore. Penso poi all’infrastrutturazione del Paese nella scelta dei percorsi di studio dei giovani, dell’inserimento nel mondo del lavoro, della formazione continua in un mondo industriale 4.0, tutte materie che oggi sono gestite caoticamente e che andrebbero coordinate dal Governo Centrale, a cascata fino al governo dei quartieri nelle città.
Immaginiamo, insomma, come una crescita del welfare sociale, insieme a una crescita degli investimenti privati in questo settore, potrebbe ottimizzare le funzioni nobili del welfare state (governo pubblico, coordinamento territoriale, uso di strutture e infrastrutture pubbliche e private), comportando una graduale e tendenziale riduzione dei costi e quindi della spesa pubblica.
Mettiamola in una formula: + welfare sociale + politiche pubbliche (normazione, leva fiscale e contributiva, coordinamento amministrativo, controllo) + impresa privata impegnata nel settore
+ terzo settore + integrazione degli immigrati + ruolo delle istituzioni filantropiche laiche e religiose
– welfare state, certo non in un quadro di riduzione ma di qualificazione dei servizi, di efficacia/efficienza, di minori costi, di coinvolgimento del fattore umano = welfare integrale 2050.