sabato, 16 Novembre, 2024
Politica

Sul Quirinal-Game incombe lo spettro delle elezioni anticipate

Il rischio di una maggioranza ingovernabile o spaccata

Nella scelta del prossimo Presidente della Repubblica, il convitato di pietra ha un solo nome: lo scioglimento delle Camere e il voto in tarda primavera.
Ipocrisie a parte, la stragrande maggioranza dei parlamentari non vuole andare a casa prima del tempo. E non solo perché il 68% dei deputati e il 73% dei senatori perderebbero il diritto alla pensione che scatta il 24 settembre del 2022. C’è anche il problema della rielezione. Dopo il taglio di 315 parlamentari nessun partito, eccetto Fratelli d’Italia, è in grado di assicurare a tutti i deputati e senatori uscenti la possibilità di una riconferma. Perdita della pensione e anche del seggio sono due argomenti piuttosto forti per convincere  i parlamentari a fare di tutto perché le Camere non vengano sciolte. Chiarito questo punto, si tratta di capire qual è il modo migliore per evitare che questo avvenga.

Il Presidente della Repubblica scioglie le Camere se esse non sono in grado di funzionare e di esprimere una maggioranza di governo.

In questa legislatura abbiano visto tre maggioranze: prima Lega-5S, poi 5S-Pd, infine quella di unità nazionale guidata da Draghi. Se questa coalizione dovesse rompersi nessuna maggioranza politica sarebbe possibile e il prossimo Capo dello Stato sarebbe costretto a prenderne atto e a mandare tutti a casa.

Quindi, il presupposto per evitare le elezioni anticipate è che questa maggioranza continui a stare insieme. Il collante di questa coalizione è Mario Draghi e non si vede all’orizzonte nessun’altra personalità con un prestigio tale da tenere a bada partiti così differenti tra loro. Se Draghi sale al Quirinale viene meno il collante della coalizione che finirebbe per implodere. Certo, se il Presidente del Consiglio avesse l’ombrello protettivo di Draghi dal Quirinale potrebbe tenere i partiti in scacco dicendo: o governiamo insieme come si è fatto nel 2021 oppure mi dimetto e si vota. Ma che peso avrebbe questo ricatto?

Il leader del Pd, Enrico Letta, non è  per niente spaventato dal voto anticipato: nei sondaggi è il primo partito e forse non vede l’ora di farle per assicurarsi una composizione dei gruppi parlamentari diversa da quella attuale ancora influenzata dagli ex seguaci di Renzi. Quindi, se per effetto dell’elezione di Draghi la maggioranza diventasse litigiosa e ingovernabile il Pd non si straccerebbe le vesti per tenere in piedi un governo impossibilitato a governare e si voterebbe a giugno.

Anche per questo motivo in tanti si sono affrettati a chiedere a Draghi di restare a Palazzo Chigi.

Secondo Vittorio Sgarbi anche se Draghi restasse a Palazzo Chigi e al Quirinale fosse eletto Berlusconi, si andrebbe lo stesso a votare. È un corollario del teorema di Draghi: se la maggioranza si rompe sul Quirinale si rompe anche sul governo. Il rischio c’è ed è elevato. i 5 Stelle e il Pd non voterebbero mai per Berlusconi. Ma il Movimento 5 Stelle vorrebbe comunque continuare ad appoggiare Draghi mentre il Pd potrebbe sfilarsi, assumendosi però una grave responsabilità che potrebbe pesare negativamente sul voto. Insomma Letta dovrebbe pensarci bene a staccare la spina a Draghi.

In pratica è più probabile che si vada al voto se al Quirinale salisse Draghi che non se toccasse a Berlusconi.

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Redazione

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