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epa09007563 Italian Prime Minister-designate Mario Draghi addresses the media to announce his list of Ministers after a meeting with Italian President Mattarella, in Rome, Italy, 12 February 2021. Premier-designate Draghi has formally accepted to lead a government after meeting with President Mattarella. Mattarella gave Draghi a mandate to form a government after outgoing Premier Conte's collapsed EPA/Alessandro Di Meo / POOL

Draghi, Governo o Quirinale? I rischi da calcolare bene

Oggi la conferenza stampa del Presidente del Consiglio
mercoledì, 22 Dicembre 2021
1 minuto di lettura

Il problema non è il ruolo (Capo dello Stato o del Governo) ma sono le condizioni politiche che possano consentire a Draghi di esercitare funzioni strategicamente utili all’Italia soprattutto durante l’attuazione del Pnrr, che dura fino al 2026.

Da Palazzo Chigi -almeno per un anno- Draghi può guidare la complessa attuazione del Pnrr. Mandarlo al Quirinale fra un mese significa togliere il collante di una maggioranza complessa che potrebbe non più ricostituirsi: il neo eletto Presidente sarebbe costretto a sciogliere le Camere con un anno di anticipo. Un disastro.

E se, poi, dalle elezioni -anticipate o non- uscisse vincente una coalizione con ampi margini, Draghi dal Quirinale potrebbe influire ben poco su un Governo con solida maggioranza parlamentare. La “risorsa” Draghi sarebbe stata sprecata.

Se si dovesse scartare l’ipotesi di una rielezione di Mattarella non resterebbe che augurarsi l’elezione di un Presidente che non abbia l’intenzione -anche per motivi di età- di restare al Quirinale per tutti e sette gli anni. In questo modo, nel 2026, il nuovo Capo dello stato potrebbe serenamente dimettersi e lasciare campo libero a Draghi.

Per ora la priorità assoluta è preservare Draghi da imboscate politiche.

Se i partiti lo vogliono al Quirinale lo devono dire con chiarezza tutti o, almeno, gli stessi che lo sostengono al Governo. Quando?

Meglio se lo dichiarano dopo le prime tre votazioni, quando il quorum scende a 506 e i franchi tiratori poco potrebbero contro una maggioranza sulla carta molto più ampia. Se questo non è possibile, è preferibile che Draghi non sia non messo in pista per evitare il rischio che non raggiunga il quorum e sia poi costretto a dimettersi anche da Presidente del Consiglio.

Il futuro di Draghi è guardato con molto interesse anche fuori dall’Italia. E si capisce perché. L’Europa e i mercati si fidano molto di lui e vorrebbero averlo come interlocutore stabile. Ma qui nasce il nodo difficile da sciogliere.

Se Draghi lascia il Governo per il Quirinale avrà la stessa possibilità di influenzare e guidare la politica generale del Paese? Dipende.

La nostra è una Repubblica parlamentare, né presidenziale né semipresidenziale. Il Capo dello Stato può influire molto sul Governo solo nel caso in cui dalle urne non esca una maggioranza solida e stabile, altrimenti il suo ruolo, pur significativo, è molto ben circoscritto. Chi oggi può sapere se dalle elezioni politiche -anticipate o non- uscirà una maggioranza forte e coesa? Nessuno.

Giuseppe Mazzei

Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore

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