Lo sviluppo delle energie rinnovabili è una delle finalità primarie assunte anche dall’Italia per partecipare agli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e 2050 posti dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea. In questo senso si orientano il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima approvato nel 2019, la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e, non meno rilevante, la Proposta di piano per la transizione ecologica di luglio 2021 che proprio al PNRR è strettamente collegato.
Il Mezzogiorno può e deve diventare l’area del Paese in cui sviluppare maggiormente quella parte della transizione ecologica che riguarda lo sviluppo delle energie rinnovabili, e in particolare del fotovoltaico e dell’eolico. Lo sostiene un Report della SVIMEZ redatto con la collaborazione scientifica di REF Ricerche e che ha avuto come sponsor Enel Green Power “Le prospettive di sviluppo delle energie rinnovabili in Italia e nel Mezzogiorno.
Stato dell’arte e valutazione di impatto degli investimenti nel settore eolico e fotovoltaico”. Il report è stato presentato alla presenza di Alessia Rotta, presidente della Commissione Ambiente della Camera, Luca Bianchi direttore Svimez, Fabrizio Iaccarino responsabile Sostenibilità e Affari Istituzionali di Enel Italia, Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, Antonio Martini direttore generale Dip. Energia Regione siciliana, Roberta Lombardi assessore alla Transizione ecologica Regione Lazio, Eleonora Petrarca Responsabile Business Development Italia di Enel Green Power.
Il Rapporto evidenzia, infatti, che il Mezzogiorno può assumere un ruolo di guida, relativamente allo sviluppo del fotovoltaico e dell’eolico, ambiti nei quali si registra già un buon posizionamento dell’Italia in Europa e delle regioni meridionali rispetto al resto del Paese. Muovendo dall’analisi degli obiettivi indicati dal PNIEC e dagli altri più recenti documenti di programmazione, la SVIMEZ ha calcolato il costo necessario ad attivare i nuovi impianti eolici e fotovoltaici così da centrare gli obiettivi di decarbonizzazione e il conseguente volume di investimenti teoricamente necessario per la loro realizzazione. Allo stesso tempo, è stata effettuata una valutazione dell’impatto macroeconomico, nazionale e a livello di singole regioni, di tali potenziali investimenti, con orizzonte temporale al 2030.
Nel complesso, sarebbero necessari investimenti per oltre 82 miliardi di euro a livello nazionale, la cui distribuzione privilegerebbe le regioni meridionali, verso le quali sarebbe necessario destinare circa 48 miliardi di investimenti, pari al 58,9% del totale. Questa mole di interventi genererebbe, su scala nazionale, un incremento nel valore della produzione al netto delle attività non market di 148 miliardi di euro; per ogni euro di investimento se ne creerebbero 1,8 nell’intero sistema economico. Il valore aggiunto addizionale sarebbe pari a 55 miliardi di euro. L’impatto, in termini di incidenza del Valore aggiunto attivato sul Pil sarebbe pari al +3,1% sul 2019 a livello nazionale; anche in questo caso sarebbe maggiormente rilevante nelle regioni del Mezzogiorno (+5%) rispetto al CentroNord (+2%).
L’incidenza sul Pil sarebbe particolarmente significativa in Basilicata (17,3%), Molise (10,3%), Puglia (8,0%) e Sardegna (5,8%). Gli investimenti complessivamente ipotizzati sarebbero tali da attivare, nell’intero periodo, 373 mila occupati aggiuntivi, di cui 156 mila nelle regioni meridionali e la parte restante, pari a 164 mila, in quelle del Centro-Nord. Le condizioni affinché ciò avvenga presuppongono lo sviluppo di una nuova capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili, andando a rimuovere tutti gli ostacoli e le barriere che in qualche misura frenano tale processo.
In particolare: 1) Bisogna ridurre e rendere certi i tempi degli iter autorizzativi. 2) Debbono essere individuate le aree che risultano idonee ad ospitare impianti per le rinnovabili coniugando esigenze produttive con la tutela dell’ambiente; il Report evidenzia come l’impatto sul consumo di suolo funzionale ad accrescere gli impianti sarebbe comunque estremamente contenuto. 3) È necessario che gli interventi assunti dal decisore pubblico siano affiancati da quelli dei principali operatori del mercato; 4) È indispensabile agevolare un’ampia accettazione politica e sociale degli impianti rinnovabili come fattore abilitante alla transizione energetica, favorendo il dialogo tra cittadini, Istituzioni e gli stakeholder interessati.