Cosa c’è dietro l’ostinazione con cui Landini e Bombardieri difendono lo sciopero generale nonostante i rilievi della Commissione di Garanzia, nonostante lo stupore del segretario del Pd, nonostante l’incredulità di Draghi, nonostante la grave spaccatura provocata nel mondo del lavoro?
C’è il bisogno disperato di dimostrare di esistere. Una sorta di cartesiana affermazione dell’identità basata sulla mobilitazione delle piazze. Come se il sindacalismo fosse scioperare e non invece difendere i diritti dei lavoratori nelle sedi in cui si prendono le decisioni e in uno spirito di collaborazione critica ma senza pregiudiziali con un Governo che ai più deboli ha dedicato e dedica un’ attenzione mai vista in passato.
Landini e Bombardieri pensano di essere gli interpreti del disagio ma con lo sciopero gettano benzina sul fuoco. Si esaspera un clima sociale che ha retto bene nonostante le batoste della pandemia e che stava nettamente migliorando con una ripresa economica del 6,3%, una crescita che non si vedeva dagli anni del boom economico.
Ma i due sindacalisti vogliono scioperare senza se e senza ma, presi in una spirale di massimalismo che non è riconducibile a nessuna ideologia ma solo alla volontà di anteporre una malintesa etica della testimonianza (ammesso che di etica si tratti) all’etica della responsabilità che invece deve ispirare chi si occupa del bene collettivo. Chi riveste un ruolo pubblico deve sempre pensare alle conseguenze delle proprie azioni e non accontentarsi di aver difeso la propria identità