Il problema della tutela dell’ambiente ha assunto un particolare rilievo, in concomitanza con lo sviluppo industriale. Infatti, sono essenzialmente le attività produttive, che richiedono l’impego di energia, che inquinano maggiormente l’ambiente. Il problema della tutela ambientale si è posta, dunque, in tempi relativamente recenti. È vero che il codice civile all’art. 844 dà rilievo alle immissioni e non è mancato chi in tale norma ha intravvisto, sia pure in nunce, una tutela delle risorse ambientali, ma un più accurato esame delle richiamata norma smentisce tale assunto. L’art. 844 del cod. civ., infatti, ha una origine risalente nel tempo, con la conseguenza che essa ha lo scopo di regolare i così detti rapporti di vicinato e non già quello di tutelare le risorse ambientali.
Per poter desumere, sia pure indirettamente, l’esistenza di una tutela delle risorse ambientali, bisogna attendere la Costituzione repubblicana, che garantisce il diritto alla salute, nonché il paesaggio. Ora, è ben noto che sono molto diffuse le tesi, secondo cui dalle richiamate norme sia desumibile l’esistenza di un rilievo costituzionale dei beni ambientali: infatti, il degrado ambientale determina, da un lato, una insufficiente salubrità della realtà in cui vivono i consociati e, dall’altro alterazioni paesaggistiche.
Si consideri che quasi tutti i beni ambientali un tempo veniva considerati res communes omnium, giacché si reputava che essi fossero abbondanti rispetto alle esigenze umane, ma, con il progredire dello sviluppo economico, tali risorse sono divenute vieppiù scarse, con la conseguenza che la normativa ha iniziato a riservare a queste ultime una particolare considerazione.
A testimoniare questo rilievo -che sono andate progressivamente acquisendo le risorse ambientali- vi sono le norme, che nel tempo sono state emesse per tutelare le risorse ambientali. Le prime norme, al riguardo, si rivengono nella legge n. 615/1966. Codesto articolato affida, infatti, alla P.A. la competenza ad effettuare controlli, onde stabilire se le immissioni superino la normale tollerabilità e, pertanto, se le stesse abbiano l’attitudine ad essere lesive per l’ambiente e, dunque, per la salute. In questo caso, dunque, la norma interviene, con lo scopo di risolvere le questioni relative al mutuo rispetto, nonché alle problematiche connesse all’appropriazione generale di determinate risorse.
Tale normativa ha tentato, naturalmente, di dare risposta ad esigenze di carattere reale e diversamente non poteva essere.
Da anni, infatti, in tutti i paesi è sorta l’esigenza di tutelare l’ambiente nel suo complesso, prova ne sia che, come è noto, in vari paesi sono state formate gruppi politici, che, sovente, hanno coltivato anche ideologie radicali come testimonia l’esperienza tedesca.
A ciò si aggiunga che le strategie, inspirate all’ecologia, sono state desunte da precise teorie economiche.
Già nel secolo scorso gli economisti, infatti, hanno iniziato a riflettere su un dato: ossia hanno cominciato sempre di più a rendersi conto che i soggetti – che sono quasi sempre operatori economici -, che danneggiano l’ambiente, creano costi che, poi, di fatto scaricano sulla collettività. Tale fenomeno si realizza, in quanto i danni provocati all’ambiente, in definitiva finiscono per incidere -deteriorandoli- su beni appartenenti alla collettività, ossia su risorse comuni a quest’ultima.
Si è acquisita così la consapevolezza che il danneggiamento dell’ambiente, fa sì che esso diventi scarso e non sempre sia possibile ripristinare l’integrità delle risorse danneggiate.
I teorici della così detta “economia del benessere” ponevano così in luce, come tale fenomeno non consentiva il raggiungimento della “massima efficienza”, se non, appunto, facendo sopportare i danneggiamenti all’ambiente a coloro che avevano cagionati (al riguardo, con un’espressione elegante, si parlava di internalizzazione delle esternalità).
Più di recente, ossia con la progressiva massificazione dei danni provocati alle risorse ambientali, ci si è resi conto che, applicando sul piano pratico le richiamate elaborazioni, non si acquisivano risultati soddisfacenti: esse, infatti, erano in grado di gestire i danni a tali risorse, ma non a prevenire questi ultimi.
Si è fatta avanti così l’idea che, per assicurare alle risorse ambientali una più compiuta tutela, occorra prevenire la realizzazione di danneggiamenti a tale risorse, attraverso strumenti idonei a prevenire la realizzazione delle attività dannose, attraverso controlli di carattere pubblicistico.