Una soluzione di emergenza preventiva. Draghi a Palazzo Chigi, almeno fino al 2023, sarebbe garanzia di stabilità in una fase delicatissima sia per la pandemia che per il Pnrr.
La rielezione di Mattarella garantirebbe che al Quirinale la presenza di un abilissimo risolutore di crisi, nell’ipotesi -molto probabile- che dalle urne del 2023 non esca alcuna maggioranza organica. Con questa elegge elettorale è quasi certo.
A differenza di quel che successe con la riconferma di Napolitano, che avvenne dopo le elezioni politiche del 2013, stavolta si tratterebbe di giocare d’anticipo. Nella gestione delle crisi politiche Mattarella ha dimostrato una abilità straordinaria di cui nessuno dei candidati alla successione sembra disporre.
Insomma, per mettere in sicurezza l’Italia il buon senso vorrebbe che si mantenesse l’attuale tandem fino al 2023. Se poi le elezioni politiche daranno una chiara maggioranza di governo, ovvio che lo scenario potrà e dovrà cambiare.
Quarta ondata, variante Omicron, elenco infinito di candidati al Quirinale, inflazione che morde e ripresa che rischia la frenata: tutti elementi non previsti dagli aruspici della politica che da un mese in qua preconizzavano un triplo cambio: al Quirinale, a Palazzo Chigi e nel Parlamento, con elezioni anticipate in primavera.
Molto spesso le dichiarazioni di politici e di commentatori poco indipendenti sono classici wishful thinking: desideri che si trasformano in apparenti pensieri e ragionamenti. Ma poi c’è la realtà con la sua durezza.
E la realtà si è molto complicata in tutto il mondo. Il buon senso vorrebbe in questi casi che valesse il principio: squadra che vince non si cambia.
La squadra è quella del Governo guidato da Draghi che trova in Mattarella l’ispiratore e garante di un equilibrio delicato ma che sta funzionando e portando grandi benefici al Paese. Buon senso vorrebbe, dunque che sia Draghi che Mattarella rimanessero ai loro posti. Ma non è semplice.
Mattarella e Draghi sono due statisti schivi, poco propensi a dare spettacolo. Politico navigato il primo tecnico di prestigio internazionale il secondo, entrambi “risorse” della Repubblica. Un tandem che in 10 mesi ha ridato slancio e prestigio all’Italia. Ma nessuno dei due sgomita per alcunché.
Se, come pare, Draghi non ha alcun interesse a interrompere il suo lavoro al Governo, lo stesso discorso non vale per Mattarella che è a fine mandato. E qui sorgono due incognite. Un nuovo Presidente sarebbe capace di “tutelare” il Governo di larghe intese voluto da Mattarella? Siamo proprio sicuri che il prossimo Parlamento, nel 2023, non riproduca un quadro politico instabile senza una maggioranza netta di centro-sinistra o centro-destra? Con questa legge elettorale e stando ai sondaggi si profila una situazione si stallo, con prevedibile ingovernabilità, che richieder ebbe un arbitro al Quirinale capace come Mattarella.
A differenza di quel che successe con la rielezione di Napolitano, che avvenne dopo le elezioni politiche del 2013 stavolta si tratterebbe di giocare d’anticipo sulle elezioni del 2023 e garantirsi al Quirinale la presenza di un “esperto” risolutore di crisi. E Mattarella ha dimostrato una straordinaria abilità di cui nessuno dei candidati alla sua successione sembra disporre.
Insomma, per mettere in sicurezza l’Italia il buon senso vorrebbe che si mantenesse l’attuale tandem fino al 2023. Se poi dalle urne dovesse uscire una netta indicazione per una maggioranza solida e organica, è ovvio che lo scenario sarebbe diverso.