In questa fase iniziale di ripresa post-Covid, va innanzitutto ridata fiducia ai nostri risparmiatori e va messo in moto quel circolo virtuoso che parte dalla concezione etica del risparmio. Il risparmio, frutto del lavoro e di una autolimitazione nei consumi, è una virtù ed un valore sociale e va valutato, quale ‘ricchezza della Nazione’ e quale ‘ricchezza dell’Europa’. Esso è in primo luogo una virtù, perché è una forma di responsabile previdenza, di cui la persona, o la famiglia, si fa carico facendo sacrifici ed evitando le sirene del consumismo e le spese voluttuarie; ed è un valore perché è sudato ‘lavoro del passato’, che mutandosi in credito e capitale d’investimento e combinandosi di nuovo col lavoro del presente e del futuro, è il fattore imprescindibile dell’ulteriore sviluppo economico e del benessere della comunità.
La corsa al risparmio non si è arrestata negli ultimi mesi. Ma mobilitare la liquidità di circa 2.000 miliardi che giacciono improduttivi nei depositi delle famiglie e delle imprese italiane indubbiamente è impresa molto difficile. Eppure questa massa di denaro che costituisce un cuscinetto per famiglie e imprese serve necessariamente per far ripartire l’economia, che è ferma per consumi mancati, investimenti ridotti e costi per banche e clienti eccessivi. La ripresa non può partire che attivando quel circolo virtuoso di cui si parlava: il lavoro crea risparmio, il risparmio si trasforma in credito e questo in investimenti nell’economia reale.
Bisognerà perciò innanzitutto riconquistare la fiducia delle famiglie italiane diventate ancora più prudenti anche a causa delle frequenti fregature subite nei diversi casi di risparmio tradito. Inoltre, oltre che prevedere maggiori rendimenti, bisognerà anche aggiungere la garanzia di non perdere il capitale investito. La riforma fiscale, che è stata presentata al parlamento potrebbe essere un’occasione favorevole per rivedere, ad esempio, la tassazione che oggi colpisce le rendite finanziarie.
Ritrovare la fiducia degli italiani e migliorare la propensione agli investimenti è l’obiettivo che la classe dirigente italiana deve porsi in questo periodo di uscita dalla pandemia. In questa fase di mercato è difficile convincere però le famiglie italiane, molto prudenti a investire i miliardi che giacciono improduttivi sui conti correnti ed il cui potere di acquisto si assottiglia sempre più, per spese, costi, imposte e inflazione.
Per questo anche il presidente della Consob, Paolo Savona, nel suo annuale discorso aveva sottolineato la necessità di mettere a reddito questa gran massa di risparmio delle famiglie, anche solo prevedendo una remunerazione maggiore di un punto. Questa modesta percentuale porterebbe 30 miliardi di euro da investire in più, quasi il 2% del PIL nazionale, non ritenendo Savona sufficiente il Recovery Fund per contribuire alla rinascita del Paese. Sarebbe utile perciò che il Governo Draghi decidesse di incentivare in qualche modo anche fiscalmente l’impiego del risparmio degli italiani. Solo così si può arrivare a quella ripresa che non può partire che attivando quel circolo virtuoso di cui si parlava: il lavoro crea risparmio, il risparmio si trasforma in credito e questo in investimenti nell’economia reale.
*Riccardo Pedrizzi, UCID – Presidente Nazionale del Comitato Tecnico Scientifico