mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Attualità

Riciclaggio: divulgare le segnalazioni è reato

Il Senatore Renzi ha protestato contro la divulgazione sui giornali di segnalazioni di operazioni sospette (Sos) di riciclaggio. I giornali sostengono che tali informazioni sarebbero “pubbliche” nel momento in cui finiscono nei fascicoli processuali.

Da tecnico della materia ed estensore, insieme ad una Commissione di esperti, della legge 231 del 2007 in tema di prevenzione del riciclaggio, sento di fare qualche precisazione giuridica. La domanda è: esiste il diritto alla riservatezza delle segnalazioni di operazioni sospette (Sos)?

Innanzitutto, vediamo cosa sono le Sos

Non sono notizie di reato, ma comunicazioni di tipo amministrativo, destinate all’Autorità di vigilanza di settore (Uif presso Banca d’Italia) non alle forze dell’ordine né alla magistratura. Le banche e tanti altri soggetti obbligati all’osservanza delle norme preventive debbono farle solo se vedono minacciata la propria integrità aziendale da qualche “cliente infedele”, cioè  un soggetto (impresa o persona fisica) che si ritiene possa tentare operazioni di lavaggio di denaro sporco attraverso la “veste bianca” della contrattualistica messa a disposizione dal mercato finanziario, delle arti e delle professioni.

Uno strumento di prevenzione

Quindi le Sos sono uno strumento di prevenzione di un rischio d’impresa e di sistema, il riciclaggio appunto. Non costituiscono una notizia di reato.

Il riciclaggio è un reato particolare, che si consuma  con operazioni apparentemente lecite – quindi tracciate presso il mercato ufficiale – , per non far scoprire a banche, intermediari, liberi professionisti, etc.. che ci si sta servendo di loro per far passare denaro o beni provenienti da delitto attraverso l’economia ordinaria.

L’art. 35 della legge sopra citata, allora, non obbliga, ma concede ai soggetti nominati, il diritto di segnalare all’ Unità di informazione finanziaria le operatività su cui si abbia “sospetto”. Se una banca nota comportamenti “anomali” di un cliente sul suo conto corrente, a suo insindacabile giudizio,  decide se procedere alla segnalazione, senza per questo mettere uno stigma di illegalità sull’operazione che desta, per l’appunto, il “sospetto” (brutta parola, ma più volte ho evidenziato che si potrebbe modificare in “anomalia”, così evitiamo gli allarmismi in chi fa la Sos e in chi ne fosse mai vittima).

La banca avverte l’Authority antiriciclaggio, in via strettamente anonimizzata (non anonima, cioè si toglie anche il riferimento all’istituto di credito) delle particolarità che si stanno verificando sul suo mercato. A quel punto, un gruppo di analisti, già funzionari della Banca d’Italia e non appartenenti alle Forze dell’ordine, hanno  il dovere di occuparsi di un approfondimento di quella Sos, per vedere se, con la loro esperienza e l’accesso a banche dati fiscali e finanziarie (ma non di Polizia!), essa possa rivelarsi utile alla Guardia di Finanza e alla Direzione investigativa antimafia (Dia) per rinvenirvi ipotesi di reato.
Solo dopo questa analisi si potrà parlare eventualmente di “notitia criminis”, che toccherà al magistrato di turno sviluppare – o archiviare – ai fini di un trattamento processuale. Dalla Sos così trattata, cioè, si dovrà dimostrare – con prove certe e inconfutabili, come per qualsiasi reato in Italia – che chi sta operando nel sistema finanziario ufficiale sta usando mezzi provenienti da altro delitto.

Riservatezza indispensabile

La  riservatezza di queste segnalazioni è la chiave del loro successo. Chi segnalerebbe un cliente avendo il timore di sbagliare o di subire ritorsioni? La legge mette al riparo la persona segnalante – nel nostro esempio, l’operatore bancario che invia la Sos alla propria direzione, la quale inoltrerà all’Autorità finanziaria – da comunicazioni del proprio nome a terzi che non siano coloro che devono intervenire nel processo descritto.

Se questa riservatezza viene violata, si incorre in un reato, previsto dalla stessa legge antiriciclaggio, applicabile a chiunque, sia giornalista che uomo in divisa, non rispetti il segreto investigativo, professionale, d’indagine.

Il magistrato inquirente deve firmare un decreto ben motivato per poter conoscere il nominativo del soggetto segnalante. Solo in tal caso la Sos partita dalla banca perverrà nel fascicolo processuale, anche se è sempre a carico del magistrato curarne la massima riservatezza in ogni caso (ad esempio, se interroga quella persona che l’ha inviata come informata dei fatti).

Non inficiare le indagini

Sono indagini complesse, delicate, di cui non si può parlare sui giornali.

Da chi è violata la segretezza delle Sos non si sa, e questa non è la sede per scoprirlo.

>Ma divulgarle è un reato, in deroga altresì alla libertà di stampa, come prevede il combinato disposto del decreto 231/2007 e del codice deontologico delle professioni giornalistiche.

Molte indagini divengono difficoltose per i tutori dell’ordine perché sui giornali si parla di vicende processuali, e pre-investigative, che quasi sempre sono legate a contesti delinquenziali di alto livello, addirittura mafiosi e terroristici.

Tutto il mondo apprezza e invidia la legge italiana sul riciclaggio. Rispettiamola, giornalisti inclusi.

*Ranieri Razzante, Professore di Legislazione antiriciclaggio nell’Università di Bologna

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