mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Attualità

Nuove minacce al Ministro degli Esteri Di Maio. Isis, proclami a caccia di proseliti

l’Isis non è mai morto, non vedo novità nelle minacce – vili ed esecrabili – al nostro Ministro degli Esteri e all’Italia. E pensare che questi terroristi hanno organi di stampa, magari anche “registrati” (si fa per dire) come quelli delle democrazie occidentali. Un apparato reso possibile dalla complicità di molti governi che evidentemente ospitano queste “sedi”, anche se ormai basta il web.

Un mondo  diabolico per chi deve insinuarsi nell’illegalità e deve produrre allarmismo e terrore.

Lo usano le frange estremiste delle proteste anti-covid (no vax e no green pass), quelle contro l’inquinamento del pianeta, l’Isis e le mafie.

Non è affatto blasfemo accostarli.

Ho sempre pensato che andassero distinti, non solo nel lessico, gli “attacchi terroristici” dagli “atti di terrorismo”, e poi i “reati mafiosi” dai “comportamenti mafiosi”.

E’ di oggi la notizia che l’antiterrorismo italiano, tar i migliori al mondo, ha rintracciato tra i fomentatori delle proteste contro i vaccini dei soggetti che pedinavano dei giornalisti. Terrorismo? No, “atto propedeutico ad azioni terroristiche”.

Manifestazioni violente o comunque ostative della libertà dei cittadini: danni di oltre 3,5 milioni di euro per ogni sabato che a Milano si è bloccata una città per proteste illegittime (perché orchestrate, beninteso, senza seguire le regole di un’ordinata e pacifica convivenza civile, come consentirebbe di fare la Costituzione senza alcun problema). La salute, ma anche l’integrità economica dei cittadini, sono beni e interessi giuridici tutelati dalle nostre leggi, ci piaccia o no.

Le “adunate” spesso si convocano attraverso i social, come i rave party, proprio per creare la simultaneità e le conseguenti difficoltà di risposta delle forze dell’ordine. Per questo bene ha fatto il Ministro dell’Interno a vietarle e contenerle. Le forze di polizia e la nostra intelligence faranno il resto, da par loro.

Sotto il profilo della sicurezza, infatti, prevenire e governare crimini informatici è assai più difficile che trattare quelli “di strada”. L’attenzione sulla cybersecurity, che anche nel nostro Paese oggi è ai massimi livelli, ne è la riprova. Come metti un posto di blocco in strada, devi metterlo nel tuo computer: non è così scontato, anche perché il primo lo fa la Polizia, quindi lo Stato; il secondo tocca (anche e soprattutto) ai privati, imprese e cittadini, e la nostra cultura in materia è ancora insufficiente. L’Agenzia creata dal governo si occuperà anche di questo, ma ognuno dovrà fare la sua parte.

L’Isis ha una potenza di fuoco sul web, ereditata da Al Quaeda – che la scoprì più tardi e con maggiore artigianalità –  di una pericolosità ai massimi livelli.

Senza essere profeti di sventure, è potenzialmente più facile prevenire (con tutti i limiti del caso, si intende) attacchi terroristici tradizionali che quelli cyber; è relativamente più agevole l’arresto di un radicalizzato che si possa pedinare di uno che faccia proclami via web.

Sono ovvietà per gli addetti ai lavori, forse non per noi cittadini. Che dovremmo abituarci ad un uso più responsabile del web, spesso lasciato “scoperto” da noi stessi a seguito di utilizzi impropri e non protetti.

Anche le mafie hanno i tecnici del web, e prosperano trattando in criptovalute acquisti e vendite di droga, con il contante ormai sempre meno utilizzato – a dispetto delle solite, tediose discussioni accademiche sulla cashless society – e la consolidata operatività su piattaforme non censite e irrintracciabili sparse per il mondo.

I toni utilizzati nell’ennesimo proclama dell’Isis, da non sottovalutare comunque, paiono quelli di sempre, soprattutto nei confronti dell’Italia, dove citare “Roma” è di per sé sufficiente ad inquietare l’immaginario collettivo.. Proclami che, per i motivi cui sopra accennavo, resteranno senza effetti pratici, tranne quello indotto dai terroristi, e cioè la loro visibilità al mondo.

Quella guerra che non possono permettersi di perdere, perché l’audience fa fare proseliti in quella fetta del mondo islamico, speriamo sempre più minoritaria, che crede che le idee si affermino col terrore e la morte.

*Consigliere per la Cybersecurity del Sottosegretario alla Difesa

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