Chi si aspettava la rivoluzione è rimasto deluso. COP26 si è concluso con un nulla di fatto. Si, è vero, sulla carta c’è un accordo tra Cina e America, annunciato come storico. Suona bene sulla carta, però mancano sfide, piani, ambizioni. È mancato il coraggio. Forse causa pandemia, giocare in attacco, ovvero favorire un cambiamento reale e sostanziale per contrastare il cambiamento climatico oggi, è visto come un rischio. Nonostante tutto.
Le promesse del business
Il mondo del business, da par suo, continua con le promesse green. Tuttavia, rivoluzionare interi modelli di business, ovvero cambiare radicalmente i modi in cui si genera, distribuisce e cattura valore è una cosa che non puoi fare in un pomeriggio. Sempre ammesso e non concesso che, per esempio, gli azionisti accettino il rischio di ricevere meno dividendi o di non riceverne affatto. E, infatti, non sono mancati casi di amministratori delegati che lanciatisi nell’avventura si sono giocati la carriera.
La controversa filantropia
Resta la filantropia. Tema ampio, complesso e controverso. Secondo alcuni questa sarebbe una interessante chiave di volta perché getterebbe le basi per ridisegnare interi sistemi produttivi, ben oltre il meccanismo redistributivo della ricchezza. Tuttavia, secondo altri si tratta di un metodo opaco, antidemocratico e soggetto ai cambiamenti d’umore del filantropo di turno. E poi, una rondine non fa primavera, ovvero senza una fattiva collaborazione all’interno di interi sistemi votati a produrre innovazione sostenibile e inclusiva non si va molto lontano.
L’incognita sostenibilità
Più prosaicamente, la realtà è che questa faccenda è tremendamente complessa. Siamo allo scadere dei tempi regolamentari, fortemente dipendenti dall’energia fossile e spesso in presenza di soluzioni vendute come sostenibili che nei fatti forse non lo sono. Quanto inquinano le batterie delle auto elettriche? Qual è l’impatto delle energie alternative sui nostri ecosistemi? E poi sarebbero sufficienti a garantire autonomia energetica? E l’impatto del digitale? Tra le aziende che inquinano di più ci sono anche i giganti del web. Senza dimenticare il punto chiave di tutta questa faccenda, ovvero la messa a rischio di intere filiere e quindi di migliaia di posti di lavoro.
Creare nuovi ecosistemi di innovazione e una nuova narrativa sociale
Insomma, più che di proclami ci sarebbe da lavorare pancia a terra con l’aiuto della ricerca, la creatività degli imprenditori, la riqualificazione professionale guidata da università e mondi produttivi, il supporto dei grandi capitali, la lungimiranza della politica e, magari, resistere alla tentazione della propaganda comunicando solo a cose fatte. Che forse è anche la chiave per ricostruire una nuova narrativa sociale.