Dei 750 miliardi del Next generation Eu, circa un terzo sono destinati all’Italia, purché rispetti una serie di condizioni. Lo stiamo facendo?
Si e no. Dei 51 target da raggiungere entro fine anno sono stati attuati solo 29. Ne mancano 22. Non certo perché il Governo è stato con le mani in mano. I provvedimenti adottatati da Draghi da metà febbraio sono stati 549, ma le lungaggini che rallentano la piena implementazione delle nuove norme sono tante. Gran parte delle decisioni sono state prese con leggi che delegano al Governo l’emanazione di decreti attuativi.
Secondo dati di Openpolis, a fine settembre mancavano all’appello 149 provvedimenti, il 64,8% dei quali relativi ad atti di competenza del Governo Draghi. Ma c’è anche un arretrato relativo ad altre norme varate prima dell’insediamento dell’attuale esecutivo. In agguato c’è ora la Legge di Bilancio che sicuramente allungherà l’elenco dei decreti da scrivere dopo la sua approvazione.
Ma non è solo questione di ritardi, che potrebbero essere recuperati facendo lavorare i Ministeri a marce forzate. C’è anche un problema di contenuti che non sempre soddisfano l’Europa, come nella legge sulla Concorrenza, e di altre riforme il cui vero contenuto lo si conoscerà solo leggendo i decreti attuativi.
In pratica l’Europa volendo potrebbe essere più severa con l’Italia. Ma finché c’è Draghi si fida, lascia correre su alcuni dettagli, in pratica chiude un occhio.
Ma se Draghi salirà al Quirinale? L’Europa potrebbe continuare a fidarsi di un Presidente del Consiglio su cui garantisce Draghi? Forse. Ma quando ci saranno le elezioni politiche il quadro cambierà. Se vincerà uno schieramento o l’altro ci sarà un governo politico il cui Presidente risponderà direttamente all’Europa. Cosa succederà è imprevedibile. Possiamo facilmente immaginare quanti occhi chiuderebbe l’Europa se presidente del Consiglio fosse, per dire, Salvini. Di questo dovrebbero tener conto gli strateghi che progettano le manovre per la Presidenza della Repubblica.