Lavoratori, imprese, famiglie e giovani. Questi i principali soggetti della maxi manovra di Bilancio che avranno un impatto notevole nei prossimi mesi nella vita socio economica del Paese. I capitoli più rilevanti sono quelli relativi a pensioni, Reddito di cittadinanza ammortizzatori sociali. Queste tutte le novità.
La previdenza secondo Draghi
Più che una riforma quella varata dal Consiglio dei ministri è una svolta nel segno indicato dalle parole del premier Draghi: “Necessario tornare ad un sistema sostenibile dopo Quota 100 che ha minato la stabilità dei conti dell’Inps”. Vediamo il percorso di questo ritorno alla “sostenibilità” dei conti.
L’età pensionabile
Nella nuova versione del Governo, c’è Quota 102 – che varrà solo per il 2022 – una sorta di transizione più morbida.
Si potrà accedere al pensionamento anticipato avendo 64 anni di età e 38 di contributi. Come detto è una sperimentazione che potrà avere anche qualche aggiustamento durante l’approvazione in Parlamento. Secondo i calcoli dei sindacati – che hanno contestato questa parte della manovra – Quota 102 servirà a poco perché pochissimi saranno lavoratori che si sentiranno garantiti da una misura che viene giudicata più restrittiva, inoltre chi ha maturato i requisiti per Quota 102 poteva già in questi mesi andare in pensione con la più favorevole Quota 100 tra l’altro con 62 anni di età. Ad usufruire della nuova apertura saranno coloro che quest’anno avevano l’età ma non abbastanza contributi, così potranno avvalersi nel 2022 di Quota 102. Secondo il giudizio dei sindacati, si rischia un sistema più ferruginoso e riformato solo in parte.
La prospettiva del Premier
La Quota 102 è transitoria e come ha insistito Draghi sarà il passo nella direzione giusta per il ritorno al sistema “contributivo”, quelli che per il Premier, “costituisce la scatola entro cui tante cose si possono aggiustare”. Tra gli aggiustamenti, Draghi indica la “flessibilità in uscita”, il “recuperare al mercato del lavoro tutti quelli che sono andati in pensione e lavorano in nero perché sono puniti se lavorano” e sarà possibile finalmente perseguire un “riequilibrio” delle pensioni dei “giovani oggi squilibrate”.
Attività gravose, ampliate categorie e mansioni
Altra novità, questa volta giudicata coralmente positiva, è l’ampliamento della schiera delle attività gravose, ovvero quelle che danno diritto con 36 anni di contributi – sei degli ultimi sette impegnati in attività faticose – e 63 anni di età a chiedere l’indennità che poi porterà al pensionamento. In questo caso le proposte anche dei sindacati sono state accolte.
Oltre agli operai agricoli e agli artigiani, ai manovratori di macchinari per l’estrazione di minerali, sono compresi tra gli altri i professori di scuola primaria e materna, i magazzinieri, gli addetti alla consegna, gli estetisti, i lavoratori delle pulizie, i portantini e i tecnici della salute.
L’ok a Opzione Donna
È la misura che più aveva sollecitato il Pd. Opzione Donna è stata ritoccata di un anno in più. Sarà, infatti, possibile per le donne avere alcuni benefici e accedere al pensionamento con il calcolo dell’assegno interamente contributivo non più con 58 anni di età e 35 di contributi oltre un anno di finestra mobile se dipendente (59 anni e 18 mesi di finestra se autonome) ma con 60 anni se dipendente e 61 se lavoratrice autonoma. Oltre a questo restano previste le finestre, quindi si uscirà con 61 anni se dipendente e 62 e mezzo se autonoma.
Espansione, il Contratto utile alla imprese e ai giovani
Una migliore opportunità per le aziende, per chi vuole lasciare anticipatamente il lavoro e per l’ingresso di giovani. È il contratto di espansione che consente lo scivolo pensionistico fino a cinque anni favorendo il turnover, viene esteso agli anni 2022 e 2023 e per questi due anni “il limite minimo” dei dipendenti delle imprese scende a cinquanta, soglia per potervi accedere.
RdC, scatta la stretta per chi rifiuta il lavoro
Altra misura che è stata rivista in senso restrittivo è quello del Reddito di cittadinanza che sarà sempre più legato alla reale volontà, quando questo è possibile, alla individuazione di un percorso di lavoro.
Il RdC è stato rifinanziato con un aumento di 1 miliardo. Tuttavia come ha sottolineato il ministro dell’Economia Daniele Franco saranno introdotti dei correttivi: stretta sui controlli e sui reati che impediscono di accedere alla misura, nuovi meccanismi per favorire la ricerca del lavoro dei beneficiari. Scatta il décalage dopo il primo rifiuto di un’offerta di lavoro e si potranno rifiutare massimo due offerte pena la decadenza dal beneficio.
Il nodo dei Centri per l’impiego
Uno dei problemi del mercato del lavoro è rappresentato dai sistemi che possono far incontrare domanda e offerta. Per creare migliori e più rapide condizioni il Governo ha destinato 70 milioni in più per far fronte al funzionamento dei Centri per l’impiego. Più altri 20 milioni per sviluppare le attività connesse all’attuazione “delle politiche attive del lavoro in favore dei giovani di età compresa tra i 16 e i 29 anni, non occupati né inseriti in un percorso di studio o formazione”. Si tratta di un problema particolarmente delicato, cioè la presa in carico di quei giovani che hanno abbandonato gli studi, ma non cercano un lavoro e nemmeno corsi di formazione per acquisire una esperienza di impiego. Si tratta dei cosiddetti “neet”.
Ammortizzatori sociali anche per le piccole e micro imprese
Nel complicato mondo del lavoro una parte sono le politiche attive e dall’altro le crisi occupazionali. Basterebbe il dato delle decine di vertenze aperte per comprendere come migliaia di lavoratori sono a rischio di perdita di posto e salario. La manovra dedica alla riforma degli ammortizzatori sociali 4,6 miliardi di euro. Saranno estesi alle imprese sotto i cinque dipendenti, attualmente privi della Cassa integrazione. Ampliata la platea Naspi con la riduzione delle ore lavorate. Inoltre c’è una novità rilevante per sostener nuove assunzioni. Ci sarà un bonus mensile per 12 mesi pari al 50% dell’assegno di Cigs che sarebbe stato corrisposto al lavoratore, per l’impresa che assume a tempo indeterminato – senza aver licenziato nei sei mesi precedenti – lavoratori in cassa integrazione straordinaria.