Ora che il Piano di rinascita sta entrando nel vivo, al Sud è scattato il campanello d’allarme. Ci siamo accorti che manca un po’ di tutto. Le Regioni e i Comuni sono sprovvisti di esperti, né hanno gli strumenti tecnici e giuridici per reclutarli così su due piedi. Ha detto bene il Presidente Draghi, intervenendo a Bari, martedì scorso, all’Istituto Tecnico Superiore “Cuccovillo”. Uno tra i migliori, in Italia, nel collocare i giovani diplomati nel mondo del lavoro. “Investire nella scuola è un dovere civile e un atto di giustizia sociale. Un sistema educativo che non funziona alimenta le diseguaglianze, ostacola la mobilità e priva l’Italia di cittadini capaci e consapevoli”
Per il Sud si tratta di una bella sfida, non c’è che dire. Una sfida che si può vincere solo investendo nella scuola, nella formazione, nei nuovi saperi. Nel Mezzogiorno stanno arrivando risorse mai viste prima. Ma la domanda è sempre quella: Sapranno spendere tutti questi soldi? E soprattutto come, in quali tempi e con quali procedure si dovranno realizzare le misure previste dal Piano di rinascita europeo? Ecco allora l’importanza del capitale umano. Un fattore imprescindibile per competere con gli altri paesi europei. Quando parliamo di capitale umano è importante capirne le implicazioni, comprenderne i contenuti, valutarne le enormi potenzialità in un territorio che ha un disperato bisogno di competenze, di professionalità e di progetti per il suo futuro.
Il Capitale umano vuol dire abilità, conoscenze professionali e relazionali che si acquisiscono non solo a scuola, ma anche attraverso un lungo apprendimento ed esperienza sul posto di lavoro. Il capitale umano non è solo un patrimonio delle imprese. È anche (e forse soprattutto) un patrimonio sociale, civile, culturale. Sempre restando sul tema, non potrò mai dimenticare un monito che in Seminario ci rivolgeva sempre il nostro Rettore, Monsignor Michele Iurilli. Un sabato, eravamo ormai alla fine dell’anno scolastico, volle fare un commento sulle nostre pagelle. Eravamo circa 130 seminaristi nel 1964. Terminata la liturgia, prese la parola e venne subito al dunque. Si rammaricò che quell’anno ci furono diversi bocciati. E concluse più o meno con queste parole: “Cari ragazzi, vedo che alcuni di voi non sono portati per gli studi. E che sarà mai! Non ve l’ha mica prescritto il dottore. Vorrà dire che sarete dei bravi artigiani, abili contadini, ottimi lavoratori. Ma non potete fare il prete”. Poi, una breve pausa e aggiunse: “E sapete perché? “Perché la Chiesa non ha bisogno di sacerdoti ignoranti”. Quanta saggezza e lungimiranza nei Seminari di allora! Se Lo Stato avesse seguito quello stesso criterio, oggi, nel Governo della “Res Publica” non avremmo funzionari, politici e amministratori ignoranti. Senza questo piombo nelle ali, staremmo qui a raccontare tutta un’altra storia. Diversa non solo per l’Italia, ma soprattutto per il nostro Mezzogiorno.