Il problema delle criptovalute è stato di recente discusso ampiamente in sede politica, con posizioni fortemente critiche. L’esistenza delle monete virtuali, sostanzialmente sottrae ai governi e alla banche centrali il controllo della liquidità e altera la possibilità dell’esecutivo di svolgere la politica monetaria e , con questo, la politica economica.
Partiamo dall’etimologia. Se il termine «valuta» è ovviamente inteso nella sua accezione tradizionale, per quanto data in chiave evolutiva, «cripto» allude invece all’idea del «nascosto», nel senso che tale moneta è visibile non a tutti, ma a condizione che si sia in possesso di un determinato codice informatico.
Solo su una circostanza si registra una sostanziale convergenza di vedute, ossia si vi è una generale concordia sulla portata globale e per certi versi impressionante della loro diffusione: in base agli studi della CONSOB, infatti, sarebbero oggi in circolazione circa 6.000 crypto, con un volume di transazioni pari ad una cifra inaudita: 2,2 trilioni di miliardi di dollari.
Le autorità di regolazione hanno come problema prioritario conoscere un fenomeno prima di poterlo governare, almeno fino a che i suoi impatti negativi non si ripercuotano a livello sistemico, determinando così una crisi di dimensioni finanche maggiori, rispetto a quella che ha già travolto le economie mondiali dopo il 2007-2008.
Come ha posto in evidenza di recente il FMI, i vantaggi delle cripto-valute – e del loro principale esempio, che è il bitcoin – non debbono essere negletti, ed essi principalmente si annidano in: i) facilitazione e accelerazione del sistema dei pagamenti; ii) innovazione dei servizi finanziari; iii) accesso inclusivo da parti del mondo non ancora «bancarizzate».
Sennonché, a questi pro si affiancano numerosi contra: sia di carattere «tecnico», giacché potrebbero verificarsi dei blackout, tali da compromettere – in assenza di vigilanza – il funzionamento dell’integrale sistema; sia di carattere «regolatorio», perché la c.d. cryptoization può compromettere l’azione delle Banche centrali, istituzionalmente vocate ad implementare la politica monetaria e ad assicurare la stabilità finanziaria; sia, infine, di carattere «penale», in ragione di profili connessi a frodi informatiche, perpetrate per mezzo di operazioni coperte dall’anonimato, ma anche a transazioni volte ad eludere la disciplina fiscale dei singoli Paesi, realizzando così effetti evasivi o elusivi.
Da ultimo occorre considerare che, da un punto di vista strettamente giuridico, le criptovalute in generale, e i bitcoin in particolare, sollevano numerose criticità teorico-applicative.