In economia c’è un nuovo elemento da calcolare quello del Pil demografico. Senza nascite senza produttori e consumatori di beni una nazione cede ad un inesorabile declino. Così l’Istat torna a segnalare con preoccupazione il decremento demografico.
Calo storico
Per la prima volta i nati scenderanno sotto la soglia dei 400mila. Il 2021 è l’anno in cui il decremento si rivela il più grave, scenario che fa scattare il campanello di allarme sull’ampiezza e profondità di un fenomeno considerato grave per i contraccolpi sull’economia.
“Il sistema politico e quello economico devono muoversi per tempo”, osserva Gian Carlo Blangiardo presidente dell’Istat, “altrimenti la prospettiva per l’Italia non è solo l’invecchiamento generale della popolazione, di cui si parla tantissimo ma alla fine sembra che non sia un vera emergenza, ma anche un serio rischio per la nostra economia”.
Il decremento
“Nel 2020, l’anno orribile della pandemia, si è arrivati a 404mila”, spiega ancora Blangiardo, “il 2021 si chiuderà entro un range 385-395mila nascite. È un trend in atto da tempo, ma questo ulteriore calo possiamo dire che è effetto della seconda ondata della pandemia di ottobre-novembre dello scorso anno”. Di calo in calo la popolazione italiana, secondo le stime, toccherà i 59 milioni nell’immediato mentre per il futuro sarà un decremento incontrollabile. “Con il passare del tempo la popolazione perde la sua fisionomia iniziale: stante l’aspettativa di vita alla nascita di circa 80 anni, 400mila nascite sono compatibili con una popolazione che nel lungo periodo si ferma a poco più di 30 milioni, non di 59 come è adesso”.
Svolta necessaria
I calcoli tra rapporto demografico e quello economico sono destinati a incrociarsi. Solo così si può mettere in evidenza e in relazione la produttività, l’occupazione, la partecipazione al mercato del lavoro. In altri versi il destino di una Nazione in tutti i suoi punti essenziali da quello economico a quello sociale. L’appello è verso la necessità di realizzare politiche di sviluppo che tengano conto di come di come: “rivitalizzare la produzione di capitale umano”. “Per la natalità le cause del calo sono note”, ricorda il presidente dell’Istat, “non ci sono strutture adeguate, manca un ambiente favorevole per chi fa figli. Anche questo è noto, e lo era anche in molti paesi europei, come Germania ma anche nazioni dell’ex est, che hanno attuato politiche che hanno invertito la tendenza. Gli interventi non devono avere natura assistenziale, ma demografica. E in questo senso”, conclude il presidente dell’Istat, “l’assegno unico universale va nella direzione giusta, e non va ridimensionato”.