domenica, 22 Dicembre, 2024
Salute

Caregiver familiari, battaglia per i disabili

Un hastag, #ddlcaregiverunoschiaffoinfaccia, per chiedere di essere ascoltati dai senatori che dovranno esaminare il disegno di legge n. 1461 recante “Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno del caregiver familiare” di iniziativa dei senatori Nocerino, Pizzol, Parente, Toffanin, Bertacco, Unterberger, Laforgia e Guidolin.

Il motivo?

“La Legge, così come arriva in Senato – scrive una mamma caregiver – è un doloroso schiaffo in faccia per tutti noi che da una vita, 34 nel mio caso, ci prendiamo cura dei nostri adorati cari in condizioni di fragilità e bisognosi di attenzioni particolarissime. Lo facciamo un giorno alla volta, senza prospettive e con lo spettro di una vecchiaia di indigenza”.

Ma cerchiamo di capire il perché, esaminando il testo che, tuttavia, non è stato ancora assegnato ed è dunque all’inizio del suo percorso parlamentare.

Le premesse da cui muovono i fautori del ddl sono pienamente condivisibili: “Il caregiver familiare deve farsi carico dell’organizzazione delle cure e dell’assistenza, nonché di ogni altro atto, anche amministrativo, che la persona assistita non è più in grado di compiere; può trovarsi, dunque, in una condizione di sofferenza e di disagio riconducibile ad affaticamento fisico e psicologico, solitudine, consapevolezza di non potersi ammalare per le conseguenze che la sua assenza potrebbe provocare. Il sommarsi dei compiti assistenziali a quelli familiari e lavorativi determina frustrazione e possibili problemi economici”.

A questo punto è lecito chiedersi in che modo il legislatore ha immaginato di intervenire. Ed è qui che iniziano le difficoltà.

I contributi figurativi
Uno dei punti più controversi è quello relativo all’articolo 5 secondo il quale “al caregiver familiare non lavoratore è riconosciuta la copertura di contributi figurativi, equiparati a quelli da lavoro domestico, a carico dello Stato, nel limite complessivo di tre anni”. La copertura dei contributi, peraltro, “è riconosciuta previa dichiarazione delle ore di assistenza rilasciata all’Inps con periodicità trimestrale”.

Chi, per decenni, ha rinunciato alla propria vita privata e lavorativa (i dipendenti possono contare, “ove possibile”, su una rimodulazione dell’orario di lavoro” ed ha il “diritto prioritario di scelta della propria sede di lavoro tra le sedi disponibili più vicine alla residenza dell’assistito”) per assistere un proprio congiunto disabile grave o gravissimo – sopperendo, è bene sottolinearlo – alle carenze dello Stato, si sente, a ragione, preso in giro!

Una legge seria dovrebbe intervenire proprio per mettere fine ai continui disagi ed alle sofferenze di tantissime donne e uomini di buona volontà che non si sono rimboccati le maniche per garantire il diritto alla vita dei familiari.Quale destino, se non la povertà assoluta, attende una mamma o un papà che hanno scelto di assistere il proprio figlio bisognevole di cura h24?

Equiparare poi un lavoratore che rinuncia al proprio impiego per diventare caregiver familiare ad un collaboratore familiare non appare equo.

La nomina
E che dire, poi, della procedura per la “nomina” del caregiver familiare? Tra i documenti richiesti, da presentare all’Inps, figura “l’atto di nomina, sottoscritto dall’assistito”, anche “attraverso videoregistrazione o altro dispositivo che consenta all’assistito la propria manifestazione di volontà”. La nomina avviene da parte dell’assistito, “personalmente o attraverso l’amministratore di sostegno ovvero, nei casi di interdizione o di inabilitazione, attraverso il tutore o il curatore”. Il ddl non tiene conto del fatto che spesso caregiver e amministratore di sostegno coincidono. Nulla si dice al riguardo…

Ma non finisce qui.

Il diritto alla salute
Desta perplessità riguardo alla sua concreta attuazione anche la norma (articolo 6) relativa ai Livelli essenziali di assistenza (Lea) e delle prestazioni da garantire al caregiver familiare.

Votato alla cura ed all’assistenza del proprio congiunto, l’interessato/a è soggetto/a ad uno stress fisico, emotivo e psicologico senza precedenti: quale autorità dovrebbe vigilare sul suo diritto alla salute?

Il ddl contempla l’eventualità di visite a domicilio per non perdere mai di vista l’assistito. Quale medico pubblico lascerebbe l’ambulatorio per fare questo? Come ci si dovrebbe muovere nel caso di accertamenti diagnostici? Che genere di prevenzione sarebbe attuata per evitare i prevedibili malanni fisici o psicologici?

Le spese detraibili
L’articolo 9 del ddl dispone che “le spese sostenute dal caregiver familiare per l’attività di cura e di assistenza svolta sono detraibili dall’imposta sul reddito delle persone fisiche nella misura del 50 per cento, fino all’importo massimo di 10mila euro annui”. Basta trascorrere qualche giorno con questi “eroi del quotidiano” per capire che gli esborsi economici sono continui e che il limite del 50 per cento è improvvido.

Il testo prevede, infine, che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali di presentare, “entro il 31 dicembre di ogni anno, presenta alle Camere, una relazione sullo stato di attuazione della presente legge”, che servirà al governo per procedere “con cadenza biennale, ad una verifica degli effetti derivanti delle disposizioni della presente legge”.

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