Quando un aereo decolla deve poter contare sulla massima potenza dei suoi motori. Lo stesso dovrebbe accadere per una Compagnia aerea nuova. Soprattutto se questa Compagnia nasce sulle ceneri di un fallimento altrui. E invece è ripresa la danza macabra che rischia di pesare negativamente sull’avvio di ITA, l’ultimo forse disperato tentativo di mantenere una Compagnia di bandiera italiana.
Protagonisti di questa danza, che sa tanto di Titanic, sono la politica e i sindacati. Gli stessi che da metà degli anni 90 hanno trasformato un gioiello, di cui il nostro Paese andava fiero, in un pozzo senza fondo. Da un lato la politica, con scelte errate di management, salvataggi costosissimi e mal congegnati, onerosi aiuti di Stato per i quali pagheremo sanzioni all’Ue; dall’altro sindacati corporativi abili nel tutelare privilegi e incuranti dei danni provocati alle finanze di Alitalia.
Ora ci riprovano anche con ITA.Come se nulla fosse. Fanno finta di non sapere che ITA nasce tra mille paletti imposti dalla Commissione europea. Deve iniziare l’attività il 15 ottobre nel periodo peggiore dell’anno quando il traffico turistico crolla. Deve utilizzare tutti gli slot di cui dispone senza alcuna flessibilità, altrimenti li perde. Deve rinunciare ad asset di valore come Mille Miglia con I suoi 5 milioni di soci. E deve, con una cinquantina di aerei, vedersela con una concorrenza agguerrita. Politica e sindacati dovrebbero far quadrato intorno al management guidato da Alfredo Altavilla, anche perché Draghi è stato chiarissimo: ITA deve contare solo su se stessa, se ce la fa bene, altrimenti si chiude.
Altri aiuti o salvataggi non ci saranno. Che senso ha che la politica torni a fare demagogia populistica e I sindacati alzino barricate contro le scelte di ITA come se esse non fossero ispirate dalla necessità di far partire la Compagnia in condizioni tali da poter competere e non soccombere sul mercato? Questa incomprensione è frutto di un persistente equivoco. Una Compagnia aerea, anche se di proprietà dello Stato, non è un Ministero né un Ente assistenziale: o è In grado di stare sul mercato oppure chiude. Politica e sindacati aiutino ITA a far bene il suo lavoro oppure si assumano la responsabilità dell’ennesimo fallimento.