Barbara Palombelli, durante la trasmissione “Forum” ha affermato in materia di femminicidi: “A volte è lecito anche domandarsi: questi uomini erano completamente fuori di testa? Oppure c’è stato un comportamento esasperante, aggressivo anche dall’altra parte?”. Molte le critiche alla giornalista, sostanzialmente fondate. Non è giusto mescolare un problema criminale con un problema sociale, anche se le motivazioni e la buona fede della giornalista sono evidenti.
Sugli aspetti criminali tocca allo Stato intervenire tempestivamente con una legislazione adeguata che metta Magistratura e Forze dell’Ordine nelle condizioni di essere rapidi e fermi nell’intervenire nei casi di obiettivo pericolo. Non è più ammissibile che la donna venga lasciata in balia di una violenza barbara e patriarcale che ha preso il sopravvento diffusamente nelle psicosi maschili dalla perdita di ruolo nella società, nello specifico nel rapporto uomo-donna.
I cambiamenti nella dinamica uomo-donna
Detto questo la Palombelli ha posto, pur in modo discutibile, un problema sociale reale: la dinamica perversa del rapporto uomo-donna che si sprigiona dentro fenomeni di grande difficoltà nella società contemporanea, in particolare nel nostro Paese. Il tema non è soltanto, né prevalente, la crisi del maschio, la crisi cioè del ruolo maschile dentro una società che dagli anni ’70 ha riconosciuto alla donna un tendenziale processo emancipativo.
Il tema centrale è un altro: lo Stato e la politica non hanno saputo accompagnare adeguatamente la nuova forza femminile nella società e nei suoi costumi. Una maggior difesa dalla violenza non è sufficiente se non si garantisce alla donna nella società un’autentica parità, nell’accesso ai posti di lavoro, nelle retribuzioni, nei servizi sociali a sostegno della famiglia, della maternità, dell’assistenza ai minori.
Uomini poco attrezzati culturalmente e psicologicamente
Paradossalmente, rafforzare la donna e la famiglia nelle dinamiche sociali rafforza il ruolo della donna ma mette anche a riparo le difficoltà dell’uomo, disinnesca gran parte delle difficoltà e delle tensioni, nelle unioni sentimentali e matrimoniali.
C’è poi da non sottovalutare la fragilità psicologica dell’uomo più debole e meno attrezzato sul piano educativo e culturale.
Affrontato il problema criminale l’uomo fragile va aiutato, parallelamente alla donna fragile, con un sistema di ausilio psicologico, sociale e rieducativo. Quando un fenomeno sociale diventa così centrale e rilevante va affrontato e sostenuto cogliendo gli elementi patologici che sono intervenuti in questi cinquant’anni nella visione del mondo della parte perdente, di un uomo che è passato da un dominio assoluto sulla famiglia e sulla donna ad una posizione di disagio e di soggezione psicologica e civile.
Rilevante sul tema la situazione degli uomini separati e divorziati che spesso vivono condizioni di profondo disagio. Occorre un salto di qualità sul fenomeno, un osservatorio attrezzato che metta al centro della riflessione e della operatività nuove politiche, nuove normative, nuovi strumenti d’intervento da organizzare in modo capillare nei territori.