L’Italia è in zona rossa. Questa volta non per quanto riguarda il Covid ma per via di un nemico ben più visibile: il fuoco. Ma il fatto grave è che ben il 44% dei comuni non ha fatto richiesta per il catasto degli incendi. Dall’inizio dell’anno, sono andati in fumo oltre 160 mila ettari di boschi e foreste ma non è tutto.
Ricci, scoiattoli, cervi, caprioli, volpi, ghiri, passeri, capinere, falchi, tartarughe, salamandre, lucertole: sono stimati in diversi milioni gli animali selvatici arsi vivi negli incendi boschivi che, dall’inizio dell’estate, hanno colpito soprattutto il Sud Italia, dove la crisi climatica morde con la desertificazione delle terre.
160.000 ettari bruciati in totale, come se fosse andata a fuoco una superficie equivalente alle città di Roma, Napoli e Milano insieme.
In Sicilia, solo dall’inizio del 2021, oltre 78mila ettari sono bruciati, pari al 3,05% della superficie della regione. In Sardegna 20mila ettari sono bruciati causando l’evacuazione di centinaia di persone. Serviranno almeno 15 anni per ricostruire i boschi e la macchia mediterranea distrutti dalle fiamme che hanno raggiunto pascoli, ulivi, capannoni, fienili con le scorte di foraggio e mezzi agricoli ma anche ucciso animali ed è calamità con danni incalcolabili all’agricoltura negli oltre 20 mila ettari andati a fuoco, come emerge da un monitoraggio della Coldiretti.
Ad oggi, un quinto del territorio nazionale è a rischio desertificazione. Il cambiamento climatico, con siccità prolungate alternate a intense precipitazioni e aumento repentino delle temperature, sta letteralmente divorando il territorio, innescando processi come l’erosione delle coste, la diminuzione della sostanza organica dei terreni (anche a seguito di pratiche agricole intensive) e la salinizzazione delle acque.
L’elemento che rende la situazione ancor più grave è che uno strumento determinante per la salvaguardia del territorio come il catasto degli incendi non viene sufficientemente utilizzato, con i dati fermi e non aggiornati per anni.
Mentre il Governo continua a lanciare messaggi di paura agli italiani sulle politiche legate alla transizione ecologica, il paesaggio sta per essere spazzato via dalla crisi climatica.
DESERTIFICAZIONE IN ITALIA – IL DATO DELLE REGIONI
In Italia il 10% del territorio è molto vulnerabile. La Sicilia è la regione più colpita (42,9% della superficie regionale), seguita da Molise, Basilicata (24,4%) e dalla Sardegna (19,1%). Secondo il C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche), le aree a rischio sono il 70% in Sicilia, il 58% in Molise, il 57% in Puglia, il 55% in Basilicata, mentre in Sardegna, Marche, Emilia-Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%», dati che indicano che «il 20% del territorio italiano in pericolo di desertificazione».
IL CASO SICILIA
È la Sicilia, la regione italiana a maggiore rischio di desertificazione: secondo il Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.), questa eventualità incombe sul 70% dell’isola e tale dato è ora confermato dall’analisi dei dati diffusi dall’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche.
Ad accentuare il pericolo, infatti, non sono solo i quantitativi pluviometrici, ma l’andamento delle piogge con forti differenziazioni territoriali.
LE CAUSE DELLA DESERTIFICAZIONE
Le cause del degrado dei suoli sono legate a diversi fattori, sia naturali che antropici. La desertificazione rappresenta il risultato finale di questo complesso sistema di interazioni che porta a pregiudicare, in modo pressoché irreversibile, la capacità produttiva degli ecosistemi naturali, agricoli e forestali.
I fattori determinanti che possono condurre al degrado dei suoli sono in particolare: l’erosione, lo sfruttamento eccessivo delle falde idriche, gli effetti della compattazione, la conversione delle aree agricole dovuta all’urbanizzazione ed alle dinamiche di popolazione nelle aree costiere, la salinizzazione primaria e secondaria, l’impatto degli incendi forestali e dei disboscamenti, la perdita di suoli su detriti alluvionali recenti a causa dell’estrazione di sabbia e ghiaia.
IL DISASTROSO BILANCIO DEGLI INCENDI DELL’ESTATE 2021 IN ITALIA
Dall’inizio dell’anno a oggi, in Italia, sono stati avvolti dalle fiamme oltre 150mila ettari di boschi, una superficie pari a quelle di Roma, Milano e Napoli messe insieme. I dati sono forniti dell’European Forest Fire Information System (EFFIS) della Commissione europea, che fornisce informazioni sugli incendi a partire dal 2008. La situazione è gravissima ed è figlia di una politica senza scrupoli che, anziché puntare sul controllo e la prevenzione ha semplicemente pensato di ignorare il problema, cancellando una risorsa preziosissima come il Corpo Forestale dello Stato e privatizzando de facto la flotta di canadair. E ancora il Governo rimane silente: non dice che vuole fare mentre il patrimonio boschivo dell’Italia viene distrutto dalla furia del fuoco e dalla furia criminale.
dati European Forest Fire Information System (EFFIS) aggiornato al 24/08/21 https://effis.jrc.ec.europa.eu/apps/effis_current_situation/
PERCHÉ IL SISTEMA DI PREVENZIONE DEGLI INCENDI È IN GINOCCHIO
Sono passati vent’anni da quando una legge, fortemente voluta dai Verdi, ha introdotto il reato di incendio boschivo, eppure non si è fatto nulla per aumentare le iniziative di prevenzione e rafforzare il controllo del territorio. Al contrario, con la riforma Madia del Governo Renzi, si è pensato di cancellare e militarizzare il Corpo Forestale dello Stato, lasciando che si perdesse un patrimonio prezioso di esperienze e capacità. Il responsabile ha un nome e un cognome e noi non possiamo fare a meno di chiederci cosa stia facendo adesso, dalla sua poltrona al Senato, Matteo Renzi.
E il Ministro Cingolani dov’è di fronte all’avanzare del fuoco e, di conseguenza, dell’inesorabile desertificazione del Sud Italia? Evidentemente è più impegnato a salvare la Motor Valley, le trivellazioni nell’Adriatico, il progetto per il Ponte sullo Stretto di Messina.
L’attività di prevenzione del rischio incendi boschivi è fondamentale al fine di tutelare l’incolumità delle persone e per evitare che il nostro patrimonio ambientale venga distrutto, a maggior ragione con una crisi climatica che è causa di danni incalcolabili ai territori e al settore agricolo lungo tutta la Penisola. Oltre a un provvedimento che ripristini il Corpo Forestale, è assolutamente necessario un importante e incisivo intervento organizzativo e un’efficace messa a punto delle risorse materiali e umane, rafforzando, in termini di personale e mezzi, i nuclei investigativi specializzati nei reati ambientali che negli anni sono stati distrutti.
STATE OF CLIMATE SERVICE REPORT – LA CONNESSIONE TRA INCENDI, DESERTIFICAZIONE ED EVENTI METEREOLOGICI ESTREMI
Secondo l’ultimo Rapporto sullo Stato dei Servizi Climatici (2020), gli incendi, insieme a siccità, temperature estreme, alluvioni, frane e tempeste, rappresentano cause principali dei disastri ambientali e delle conseguenze che ne derivano in termini di perdite di vite umane ed economiche. Un dato in costante crescita negli ultimi decenni. Ogni anno, circa mezzo milione di ettari di aree naturali vengono bruciati nell’Unione europea. Si prevede che il cambiamento climatico possa esacerbare ulteriormente i rischi di incendi.
Secondo l’analisi degli scienziati di World Weather Attribution, il cambiamento climatico ha aumentato le possibilità di “temperature estreme per gli incendi” di almeno il 30%. Gli scienziati stimano che se le temperature globali dovessero aumentare di 2°C le condizioni meteorologiche di incendio sperimentate nell’estate 2019-20 “sarebbero almeno quattro volte più comuni come risultato del cambiamento climatico causato dall’uomo”.
Con questo quadro, a causa degli incendi che hanno devastato in particolar modo il sud Italia, della siccità e della desertificazione, con l’avvento dei primi temporali sono ad altissima e drammatica probabilità il rischio di frane e alluvioni.
Fonte State of Climate Services Report 2020 https://public.wmo.int/en/our-mandate/climate/state-of-climate-services-report
IL 44% DEI COMUNI NON HA PRESENTATO RICHIESTA PER IL CATASTO DEGLI INCENDI
La questione che intendiamo sottolineare in questa nostra analisi è rappresentata dal fatto che in molte regioni il dato del catasto non è aggiornato da anni. Secondo i dati forniti d l’Arma dei Carabinieri, solo nel 2020, il 44% dei comuni non ha presentato la richiesta del catasto degli incendi. Considerando che nello stesso anno 53mila ettari sono andati in fumo nel territorio italiano per via degli incendi, quasi 25mila ettari non hanno ricevuto la tutela che la legge gli avrebbe garantito.
Se abbiamo catasti fermi da anni significa che abbiamo centinaia di migliaia di ettari che non sono sotto tutela, e dove paradossalmente è consentita l’attività venatoria, è consentita l’attività di pascolo e, cosa ancor peggiore, sono consentite le attività di trasformazione urbanistica.
In un quadro estremamente negativo per il nostro Paese, uno strumento determinante nell’analisi dei dati per la promozione di politiche di salvaguardia del territorio è rappresentato dal catasto degli incendi.
La legge quadro in materia di incendi boschivi n. 353/2000 definisce divieti, prescrizioni e sanzioni sulle zone boschive e sui pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco prevedendo la possibilità da parte dei comuni di apporre, a seconda dei casi, vincoli di diversa natura sulle zone interessate.
In particolare la legge stabilisce vincoli temporali che regolano l’utilizzo dell’area interessata ad incendio: un vincolo quindicennale, un vincolo decennale ed un ulteriore vincolo di cinque anni.
Inoltre, sulle zone boschive e sui pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco, è vietata per dieci anni la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive.