L’acronimo ESG sta per Environmental, Social, Governance si utilizza in ambito economico/finanziario per indicare tutte quelle attività legate all’investimento responsabile (IR) che perseguono gli obiettivi tipici della gestione finanziaria tenendo in considerazione aspetti di natura ambientale, sociale e di governance, per l’appunto.
ESG: IL NUOVO IMPERATIVO
Focalizzare la propria attenzione esclusivamente sui rendimenti finanziari e i fondamentali di un determinato settore o azienda è ormai considerato un esercizio riduttivo e gli investitori prestano sempre maggiore attenzione ai fattori ESG. Favorita anche dalla spinta dei Millennials, la crescita della domanda è inarrestabile e la gamma di prodotti offerti sempre più varia anche per quanto riguarda l’asset class obbligazionaria.
IL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ
Integrare nelle analisi i criteri ESG è diventato dunque centrale, non solo per quanto riguarda l’attività degli investitori istituzionali ma anche per i consulenti finanziari. Esistono molti strumenti a disposizione delle aziende e destinati ai loro stakeholder, il principale è rappresentato dal Bilancio sociale, Report CSR – Rendiconto della Corporate Social Responsibility, in Italia, conosciuto anche come Bilancio di sostenibilità.
PANDEMIA E CRISI UMANITARIE RAFFORZANO QUESTA TENDENZA
Pandemia, nuovi scenari umanitari-anche dopo la vicenda afgana- e sensibilità ESG costitusicono un’occasione strategica per realizzare una nuovo approccio integrato sia per le osocietà d’investimento, sia per clienti investitori e risparmiatori.
Il tema di una finanza più equa e sostenibile in tutta le sue diverse sfaccettature ha ricadute positive anche su alcuni fattori che hanno contribuito al diffondersi di fenomeni di disuguaglianza sociale. Superata la crisi sanitaria e, speriamo, quella umanitaria, la fase post-pandemica si può rivelare come una fonte di grandi opportunità di cambiamento. Dopo decenni in cui si è additata una certa decorrelazione tra finanza ed economia reale, si va ricostruendo una centralità degli impatti e delle conseguenze generali del “dove” si investe e, soprattutto, del “come”.Profitto e futuro del pianeta sembrano, anzi devono diventare alleati.
IL POSIZIONAMENTO DELLE “BANCHE TRADIZIONALI” DI FRONTE AL “NUOVO CLIENTE”
Come riportato da Advisoronline, in un interessante articolo di Francesco D’Arco, sembra proprio che le filiali bancarie, intese nel senso tradizionale (o vetusto?) del termine, siano destinate all’estinzione. L’ultimo studio al riguardo, condotto dalla società di software finanziari Temenos, parla di una scomparsa delle filiali in 5 anni, secondo il 65% dei dirigenti bancari interpellati a livello mondiale dalla società. Secondo i 305 dirigenti intervistati cloud, intelligenza artificiale, application programming interface (API) saranno al centro degli investimenti del settore bancario per i prossimi quattro anni, complice la pandemia e la forte accelerazione data alla trasformazione digitale del rapporto tra cliente e banca. Ed è proprio per questo che l’81% dei banchieri ritiene che la sfida principale riguarderà non tanto i prodotti e i servizi offerti, ma la customer experience.
E gli utenti? Secondo lo studio “Shaping the digital transformation of the retail banking industry. Empirical evidence from Italy”, pubblicato dall’ European Management Journale firmato da Umberto Filotto, Massimo Caratelli , Fabrizio Forn, anche se la pandemia ha imposto una maggiore digitalizzazione nei rapporti con la banca, la relazione umana rimane il fattore fondamentale.
Sostenibilità, consapevolezza, digitalizzazione integrata, anzi supportata dalla relazione fiduciaria.
Il nuovo stringe la mano al gesto più antico, la stretta di mano, e ci va a braccetto.