E’ meglio avere un centro diluito un po’ a destra e un po’ a sinistra o un’area indipendente dai due schieramenti capace di dialogare e condizionare entrambi? Su queste due ipotesi si concentra più l’attenzione degli scienziati della politica che dei leader dei partiti. Ma è un tema cruciale
Dopo la fine della Prima Repubblica, la “discesa in campo” di Berlusconi offrì alle destra un collante moderato che metteva insieme un partito nazionalista radicato al Sud (Alleanza nazionale di Fini) con un partito federalista a tratti scissionista, (la Lega di Bossi) ben impiantato nel Nord.
Scarsi risultati del centro-destra
I frutti di questa coalizione, litigiosa, non sono stati eccellenti. Lo stesso Berlusconi, che fino al 2011 aveva un potere personale e politico elevatissimo, non è riuscito ad attuare le grandi riforme promesse di cui l’Italia aveva bisogno. In pratica il centro inserito organicamente con la destra , anche se in posizione di forza, non ha portato a casa risultati di rilievo. Poco peso ha avuto nel centro destra la componente ex-democristiana che era rimasta fuori da Forza Italia e si era espressa nel Ccd- Cdu.
La debolezza del centro con la sinistra
A sinistra, il Pds ha avuto una sponda moderata nel Partito popolare nato dalle ceneri della Dc .Con le sue tormentate vicende l’area popolare e quella di Rinnovamento italiano di Lamberto Dini riuscirono a creare intorno a Prodi una coalizione di centro-sinistra vincente ma fragile. L’esperienza poi dell’Udeur aggiunse ulteriore frammentazione ad un centro che non si dimostrò capace di condizionare la retorica post-comunista. Nel 2001 sbocciò la Margherita di Rutelli che riuscì a conquistare uno spazio significativo. Ma con la fusione con i DS e la nascita del Pd, il centro si è diluito nel partitone della sinistra senza apprezzabili successi.
Un doppio fallimento
Per dirla in breve, le esperienze del centro-destra e del centro-sinistra non sono state entusiasmanti: l’Italia dal 1994 a oggi non ha ma conosciuto una stagione di serie riforme strutturali e neanche di stabilità politica. Ha galleggiato sui problemi senza affrontarli di petto. E questo perché le componenti di centro, soprattutto a destra ma anche a sinistra, non sono riuscite a far valere il loro riformismo razionale ed equilibrato. Nell’ultimo decennio il centro si è andato affievolendo: a destra con la parabola discendente di Berlusconi e la marginalizzazione di Ccd-Cdu-Udc, a sinistra con l’indebolimento della componente ex democristiana a vantaggio degli ex comunisti.
Il populismo e il tramonto del centro
Negli ultimi 5 anni il disastro è stato ancora peggiore con l’esplosione del populismo e del sovranismo che a destra ha ridotto Forza Italia ai minimi termini e a sinistra ha indebolito il Pd dopo l’exploit di una componete nata estremista come il Movimento 5 Stelle . A questo cui si sono sommate le scissioni di Renzi e Calenda . l resto è cronaca di oggi. Forza Italia ridotta ai minimi termini, l’Udc quasi scomparsa, Renzi che non arriva al 3%, Calenda che naviga sul 4% ma senza capacità di coalizione, poi ci sono gli europeisti ex radicali in declino e i verdi che non superano il 2%.
Imparare dagli errori
E torniamo all’interrogativo iniziale. Visto che il centro inserito organicamente un pezzo a destra e un pezzo a sinistra non ha funzionato forse è il caso che pensi di costituirsi come realtà politica autonoma e che si collochi davvero nel bel mezzo dello schieramento dei partiti esercitando una duplice funzione:
- riportare una dinamica centripeta e non centrifuga nel sistema politico, stabilizzandolo ed evitando la crescita di estremismi,
- usare il potere di coalizione per far valere con forza le sue posizioni moderate e riformiste condizionando con forza sia la destra che la sinistra ma da posizioni autonome e non assorbibili né nella destra né nella sinistra. Ovviamente la retorica sul bipolarismo sarà scandalizzata da queste considerazioni. Lo stesso Berlusconi ne sembra ancora prigioniero. Ma ne parleremo in un prossimo articolo.