Dopo l’annuncio ufficiale di Renzi sul suo abbandono del Partito Democratico si moltiplicano commenti e analisi su tale scelta: prevalgono, specialmente fra i militanti del Pd, contrarietà e rammarico, mentre fra gli osservatori ci si chiede quanto e quando il nuovo movimento assumerà posizioni ed iniziative capaci, per il loro contenuto, di fare vacillare il già difficile equilibrio di un governo, al quale Renzi reitera la garanzia di un sostegno leale.
Purtroppo, ci sono precedenti che non rassicurano: dallo “Stai sereno a Letta” a poche ore dal capitombolo da Palazzo Chigi alla quasi feroce determinazione a non consentire qualunque tipo di dialogo e men che mai di alleanza con il M5s, poi rovesciata nei giorni scorsi, alle brutte figure per Zingaretti costretto a percorrere strade, quelle dell’intesa con il M5s, sulle quali più volte era stato proprio diffidato e incalzato da Renzi.
Reni ha il carattere che ha, che non è il più rassicurante, ma ha naso politico: ha precipitato i tempi quando si è accorto che stare allineato con il Pd avrebbe potuto precludergli ogni possibilità di occupare lo spazio vuoto che c’è al centro e di presidiarlo con idee forti e capacità di dialogo con le spinte al nuovo che si manifestano nella società.
Su questa scommessa, sempre che riesca, il senatore toscano pensa di emarginare un centro destra, dove sembra prevalere la linea sovranista e dove si complica la possibilità di un ancoraggio al patrimonio dei moderati, che oggi sono minoranza.