lunedì, 18 Novembre, 2024
Società

Pubblica amministrazione. Cgia: ultimi in Europa. Le imprese ne soffrono

Qualche punta di eccellenza qua e là ma la macchina pubblica amministrativa fa acqua ovunque. Inefficienza, ritardi e sperperi che costano solo alle imprese italiane 109 miliardi all’anno. La ricerca con note e indicazioni puntuali, arriva dal centro studi Cgia di Mestre che somma i costi che pesano annualmente sulle imprese. Si tratta dell’intreccio generato dalla complessità della macchina amministrativa che, secondo le intenzioni del Governo e del ministro Brunetta, dovrà passare attraverso una riforma rigenerante. 

Le ipotesi di snellimento delle procedure, di ricambio generazione, di innovazione degli uffici, alla luce dei dati della Cgia di Mestre diventano urgenti per non far deragliare anche il Piano nazionale di Rinascita che punta proprio su una Pa efficiente la sua riuscita. La fotografia scattata dalla Cgia (società della Confederazione nazionale degli artigiani) è nitida. A causa della complessità burocratica generata da una macchina statale spesso inefficiente le imprese soffrono il mancato pagamento di miliardi di euro a loro dovuti.

“Senza contare”, illustra la Cgia, “che la Pa, nonostante la sentenza di condanna inflittaci dalla Corte di Giustizia Europea nel gennaio del 2020, continua a onorare con difficoltà i debiti commerciali. Si pensi che l’anno scorso, i mancati pagamenti nei confronti delle imprese che hanno lavorato per lo Stato ammontavano a 10 miliardi di euro”.

 

PA TRA ECCELLENZE E DISASTRI

Non tutto è inefficiente, ci sono per fortuna anche quelle “punte di eccellenza” che funzionano oltre la media europea. Nel complesso però l’Italia dei servizi amministrativi pubblici scivola nel girone dei peggiori, “la nostra Pa funziona poco, male ed è un freno allo sviluppo. Si pensi che, in virtù del Regional competitiveness index (Rci), nell’Ue le regioni italiane si posizionano tutte oltre il 200esimo posto in graduatoria su 268 territori monitorati da questa ricerca”. La complessità delle procedure amministrative a cui le aziende sono sottoposte costituisce un problema per quasi 9 imprenditori italiani su 10. Anche in questo caso la conferma arriva dalla indagine effettuata nel 2019 dal Parlamento Europeo. 

Rispetto alla media dei 19 Paesi monitorati, l’Italia sconta un differenziale di ben 18 punti percentuali in più.

 

FRENO ALLO SVILUPPO

Il Paese che produce e che deve competere sui mercati internazionali ha la palla al piede di decine di disposizioni, di norme spesso contrastanti, di pagamenti onerosi per le piccole e medie imprese, che di fatto mettendo alle corde ingessandolo, “rendendo la vita impossibile soprattutto a coloro che vogliono fare impresa. E mai come in questo momento”, scrive la Cgia, “oltre a riformare la nostra Amministrazione statale sarebbe necessario semplificare il quadro normativo, riducendo il numero delle leggi attraverso l’abrogazione di quelle più datate, ricorrendo ai testi unici, evitando così la sovrapposizione legislativa che su molte materie ha generato incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza dei tempi ed adempimenti sempre più onerosi”.

 

DIPENDENTI SOTTO STRESS

A farne le spese è anche il personale amministrativo spesso costretto a sottostare a procedure organizzative rigide e insensate che disincentivano la voglia di fare. “E’ altresì necessario accelerare il processo di digitalizzazione di tutti i soggetti pubblici”, commenta la Cgia, “imponendo il dialogo tra le loro banche dati per evitare la duplicazione delle richieste che periodicamente travolgono cittadini e imprenditori ogni qual volta si interfacciano con un ufficio pubblico. Anche in questo ultimo anno e mezzo di pandemia, l’iper produttività legislativa della macchina burocratica statale ha gettato nella confusione più completa famiglie e imprese”

 

PANDEMIA E INEFFICIENZE

“La nostra Pa si è comportata in maniera bifronte”, sottolinea la Cgia, “è stata irremovibile quando ha imposto le misure di limitazione alla mobilità e le chiusure delle attività economiche; per contro, si è trovata in affanno e spaventosamente impreparata quando ha dovuto riorganizzare i propri servizi per fronteggiare la diffusione del virus”.

 

LO STATO PAGHI I DEBITI

Dalla ricerca emergono anche possibili correttivi, “bisognerebbe stabilire per legge che una impresa privata che ha un credito commerciale scaduto con una Pa possa compensarlo in misura secca, diretta e universale”, conclude l’indagine della Cgia, “con i debiti fiscali e contributivi nei confronti del fisco e dell’Inps-Inail. Grazie a questo automatismo risolveremmo un problema che ci trasciniamo da almeno 15 anni”. 

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