La gestione del ciclo dei rifiuti appare variegato sul piano nazionale, alcuni territori risultano più virtuosi, altri molto in difficoltà come quello proprio della Capitale. Ne abbiamo parlato con il Consigliere della regione Lazio, Paolo Ciani, membro della Commissione Urbanistica, politiche abitative, rifiuti.
Il nostro Paese qualche problema in questo senso ce l’ha, eccome. Dove si annidano le principali disfunzioni?
Molti intervengono sulla questione rifiuti, pur non essendo degli esperti e questo spesso rappresenta un problema. Un secondo problema è di natura culturale, sia da parte della società civile sia della politica. Nonostante che la sensibilità ambientale sia cresciuta, che l’attenzione della Ue verso le 5 R (riduzione, riuso, riciclo, raccolta e recupero dei rifiuti) e verso politiche di economia circolare sia altissima e che il dibattito sulle materie prime seconde abbia creato un nuovo rapporto nei confronti di ciò che utilizziamo, non più visto solo come qualcosa da buttare via, la questione sembra restare indietro nelle coscienze individuali e nella quotidianità delle nostre città. Esistono territori virtuosi e rispettosi delle normative, come il Trentino, ma anche alcuni Comuni della regione Lazio, che arrivano all’80% di raccolta differenziata, mentre altri, come purtroppo Roma, in estremo ritardo.
Ha accennato a una responsabilità personale, di tutti noi ma anche della politica, in che senso?
Certo, anche la politica fa la sua parte. Fintanto che si parla in astratto di rifiuti si sentono certi discorsi, quando, invece, si ricercano i luoghi dove costruire i nuovi impianti, discariche o termovalorizzatori, la politica locale si presta alla logica del “tutto vero, tutto giusto, ma non nel mio giardino”.
Il dramma di Roma è sotto gli occhi di tutti, quali sono ad oggi le politiche della regione?
La regione Lazio ha approvato lo scorso anno il Piano rifiuti, in linea con il Codice Ambientale recentemente aggiornato con le modifiche apportate dalle direttive europee in materia. Rispetto alle 5R europee, il nuovo Piano si è concentrato molto su “riduzione-riciclo-raccolta differenziata” ma non sono stati previsti nuovi termovalorizzatori, contando solo su quello già in uso a San Vittorino. In particolare a Roma il problema è che in 5 anni non è stato realizzato neanche un impianto e ormai si ha l’impressione che l’amministrazione capitolina voglia passare la “patata bollente” a chi verrà dopo.
Quali sono le soluzioni che consiglierebbe per risolvere i problemi della Capitale?
Per prima cosa sfrutterei i siti già in possesso dell’Ama per ubicare i nuovi impianti e ricorrerei a nuove tecnologie. Successivamente riorganizzerei il servizio di “spazzamento”. Ogni quartiere dovrebbe avere un centro di raccolta proprio con personale dedicato, specializzato in quella parte di città. Anche la raccolta porta a porta e il riciclo andrebbero potenziati. Quando sono stati fatti degli esperimenti, anche in quartieri considerati difficili, le risposte sono state positive. Dal punto di vista tecnologico mi sposterei verso l’ossido riduzione, una sorta di combustione senza fiamma, e il trattamento anaerobico dell’umido per la produzione di bio-metano riutilizzabile. Infine, creerei luoghi di economia circolare, in cui recuperare e riciclare le materie seconde, il cui valore è ormai fissato da borsini internazionali.