Licenziamenti di massa, questo è certo ma non per l’industria e le imprese, ma da parte dello Stato per i precari della Scuola. Scatterà da oggi una maxi riduzione di personale docente e Ata, in tutto un “esodo” di 250 mila lavoratori.
“Un rituale che si ripete da anni e che non è più accettabile. Ci chiediamo”, si interroga il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, “c’è volontà di cambiamento? Si vuole tutelare il lavoro in ogni sua forma?
Bene. Non si può continuare con il tiro alla fune delle forze parlamentari bisogna verificare la reale volontà ed è il Governo che è chiamato a rispondere”. I sindacati avevano protestato con una mobilitazione svolta il 26 giugno che ha dato esiti positivi sui licenziamenti, ma non ha ancora le risposte per la scuola. Quello che a giudizio del sindacato manca è quel vuoto di iniziative e risposte politiche.
Problema politico
Per la Uil il problema non è tecnico ma politico e il momento straordinario impone risposte straordinarie. Per i precari infatti è una interminabile corsa agli ostacoli.
“Valutazione iniziale per titoli e servizio (36 mesi), formazione in itinere e esame finale”, sottolinea Turi, “rappresentano un percorso di serietà che consente di poter immettere in ruolo decine di migliaia di precari, anche sul sostegno”. Inoltre lo Stato finora è stato assente o assediato da tentennamenti.
“Siamo in presenza di un danno creato dagli errori dallo Stato”, osserva l’esponente della Uil, “ma si ragiona con due pesi e due misure: per il danno che lo stesso stato ha determinato per le cartelle esattoriali, si è provveduto con una sanatoria economica. Per il danno sulle persone, non si vuole risolvere in una sanatoria per farlo pagare ai lavoratori”. Le iniziative sindacali sono state messe in campo.
“Al ministro abbiamo chiesto una sede politica di confronto”, sottolinea Turi, “ora attendiamo le risposte che devo essere coerenti con una fase transitoria, premessa di una situazione a regime che sancisca il fallimento dell’attuale sistema dei concorsi. Una situazione come l’attuale dove un insegnante su quattro è precario, non è più tollerabile. Vanno cambiate le procedure di reclutamento per la scuola che ha caratteristiche proprie”.
Il licenziamento di massa scatterà con i primi 100 mila sui 250 mila tra docenti ed ATA. “Sono numeri impressionanti di persone che, come ogni anno, tra giugno e settembre, saranno rimandate a casa per essere riassunte”, fa presente la Uil, “con calma, tra settembre e dicembre, in una girandola di posizioni per le quali non è più dato orientarsi per effetto di un accavallarsi di norme non sempre coerenti tra loro”. Inoltre il 2020 è stato un anno di forti difficoltà per allestire aule e personale.
“Non sarà più possibile accettare quanto accaduto lo scorso anno: sull’altare del ‘merito’ sono state sacrificare 33 mila cattedre destinate ai precari, rimaste purtroppo vuote.
Siamo in presenza di una situazione estremamente delicata che non può essere risolta con il concorso classico che non misura quella parte di professione docente legata all’esperienza e all’attitudine a svolgerla”.