In parole povere, il messaggio del presidente del Bundestag, Wolfgang Schäuble, che in un recente articolo apparso sul Financial Times ha scritto della necessità di tornare all’austerità, può essere tradotto a suo stesso dire nel metodo del bastone e della carota.
SCHÄBLE CHIEDE NUOVA AUSTERITÀ
Il suo ragionamento è: a tutti piace spendere, il problema è quando si deve rientrare del debito ed è lì che si creano le disuguaglianze perché un’economia indebitata è appesantita e corre meno di una economia sana, ovvero senza debiti.
Questo accade perché, “Molti governi si occupano della parte ‘facile’ del keynesismo – il prestito – dopo di che rimandano il rimborso dei soldi dovuti. Ciò porta a un aumento regolare del debito sovrano”.
E quindi i rischi per la tenuta sociale: “La maggior parte dei prestatori agli Stati sono individui ed entità ricchi. Il prestito pubblico aumenta la loro ricchezza, allargando il divario tra ricchi e poveri”. E, “il divario tra abbienti e non abbienti rappresenta una minaccia enorme per la coesione sociale”.
AUSTERITÀ, IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE: “FA RIMA CON DISPARITÀ”
È davvero così? Nel nostro piccolo e nei limiti del nostro ragionamento, pensiamo che quello dell’ ex ministro delle finanze tedesche non faccia una piega, in linea di principio. Tuttavia, con straordinaria puntualità arriva quel momento in cui il principio si piega alla realtà dei fatti. Lo chiamano reality check.
Per esempio, un recente studio condotto da alcuni ricercatori del Fondo Monetario Internazionale, intitolato Will COVID-19 have long-lasting effects on inequality? Evidence from past pandemics, dimostra come in realtà “l’austerità intensifichi l’entità dell’aumento della disuguaglianza all’indomani delle pandemie”.
Attraverso l’analisi delle prove di cinque precedenti epidemie (SARS, H1N1, MERS, Ebola e Zika), l’FMI ha rilevato che episodi di elevata austerità portano a un aumento del coefficiente Gini – un indice compreso tra 0 e 1 dove 0 indica la perfetta distribuzione della ricchezza in un popolazione – di circa 0,55 punti.
NON E’ TEMPO PER FALCHI
Ora, se da un lato si puo argomentare che la storia abbia uno scarso valore predittivo e che l’economia è una scienza sociale ovvero non è esatta e come tale va trattata, dall’altro siamo in presenza di un dato che fa riflettere e non poco.
Per questo siamo portati a pensare che non sia il tempo del bastone e della carota. Ne usciamo tutti provati da questa pandemia per cui, forse, è il momento delle carezze e dell’impegno, ovvero il tempo delle colombe costruttrici di futuro facendo tesoro di quel “debito buono” con cui Draghi ha indicato una possibile via.