Le parole pronunciate da Giuseppe Conte appena dopo aver ricevuto l’incarico di formare il nuovo Governo segnano un cambio di marcia rispetto allo stile e al lessico usato da Conte un anno fa.
Il populismo che aveva ispirato le precedenti dichiarazioni di Conte non c’è più e prevale un lessico più equilibrato, tendente alla concretezza, propositivo.
La polemica antieuropea ha lasciato imposto al suo contrario: Conte intende muoversi nell’ambito dell’Europa con un ruolo autorevole e di maggior peso ma non aspro e di rottura come in passato.
L’elenco delle cose da fare, necessariamente generico in attesa che il programma sia scritto con i due partiti, sembra ispirato da un orientamento riformista con accenti di sinistra moderata.
Il governo “per” e non “contro” dunque sembra partire con l’idea della concretezza: fare e non polemizzare.
Ovviamente questi sono solo segnali che si possono cogliere nelle parole di Conte. Poi tutto dovrà essere verificato in ciò che sarà scritto in dettaglio e poi messo in opera.
Il governo ha una caratterizzazione politica e questo Conte lo ha lasciato intendere con chiarezza: i due partiti che lo sosterranno si devono assumere la responsabilità di stare insieme perché condividono un percorso da fare e non solo perché costretti dalle circostanze.
Al di là delle parole, il Conte 2019 è sembrato molto più sicuro di sé del Conte 2018, più convinto di poter esercitare il ruolo di guida e coordinamento delle attività di Governo, rispetto a quello che aveva potuto fare con l’alleanza giallo-verde.
E proprio questo aspetto sembra il punto più delicato della conclusione della crisi.
Il ruolo del Presidente del Consiglio sarà la chiave di volta dell’azione di Governo.
Conte sa che ha due leader politici non fortissimi. Di Maio deve scontare il prezzo della sconfitta alle elezioni europee e dell’alleanza con un partito che i 5S finora avendo considerato come il peggior nemico.
Zingaretti controlla il partito ma non i gruppi parlamentari che in gran parte fanno riferimento a Matteo Renzi la cui imprevedibilità è elevata.
Conte potrebbe approfittare di questa relativa debolezza dei due leader per giocare un ruolo più dinamico e assumere in prima persona l’onere di trovare le giuste mediazioni non solo con i leader ma anche con i gruppi parlamentari. Ovviamente questo dipenderà dalle sue capacità e dalla squadra di cui si circonderà. I consigli autorevoli dati con discrezione, se li vorrà ascoltare, non gli mancheranno.
Conte non faccia l’errore di chiudersi a Palazzo Chigi: costituisca un Consiglio di Gabinetto, controlli e supporti tutta la squadra dei Ministri, parli senza troppe remore con i partiti che lo sostengono e salga più spesso a riferire al Quirinale.