Mario Draghi disturba i sonni di burocrati ( e politici?) in Europa. Non si spiega altrimenti la tempesta in un bicchier d’acqua scatenata ieri da una notizia dell’agenzia Reuters secondo cui l’Italia non rispetterebbe la data del 30 aprile per presentare il Piano a causa di “insoddisfazioni” della Commissione europea su alcuni punti . “La Commissione non è contenta con il Recovery plan italiano così com’è”, scriveva l’agenzia riportando una frase di una fonte anonima di Palazzo Berlaymont e per questo Palazzo Chigi avrebbe chiesto una proroga di 15 giorni.
La smentita della Presidenza del Consiglio taglia corto: il Pnrr sarà illustrato il 26 e 27 in Parlamento e poi inviato entro il 30 a Bruxelles.
Possiamo solo immaginare l’irritazione con cui Draghi ha dovuto leggere le dichiarazioni anonime provenienti dalla Commissione….. Una richiesta di proroga della data di consegna del nostro Piano sarebbe un’offesa al nostro Paese e uno smacco personale per il Presidente del Consiglio.
Ma dietro tutte le notizie false suffragate da dichiarazioni virgolettate di un’autorevole agenzia, si nasconde sempre qualcosa di vero. E il mistero è presto svelato.
Gli esami per l’Italia
A Bruxelles c’è qualcuno che rema contro l’Italia e che è pronto a usare la matita rossa o blu per sottolineare presunte inadeguatezze del Pnrr e così rallentarne l’approvazione della commissione e la conseguente rogazione dei fondi.
Mario Draghi è un tenace lottatore. Lo ha dimostrato sbaragliando l’opposizione tedesca contro le politiche espansive della BCE.
Ma ora per Draghi la sfida è più impegnativa, anche perchè concentrata nel tempo. In sella da soli due mesi, l’ex Presidente BCE si gioca tutto il suo prestigio con il Pnrr e la sua concreta attuazione. Consegnato il Piano il 30 aprile bisognerà superare il vaglio dei singoli progetti e l’Italia non avrà sconti.
Per questo occorre che la maggioranza che sostiene il Governo sia compatta e costruttiva. Eviti perdite di tempo e conflitti su materie divisive; si concentri sui progetti e sulle riforme strutturali, in primis Giustizia e Pubblica amministrazione, chieste come condizione per ottenere i 191 miliardi europei. Il Governo non è autosufficiente: i partiti che lo sostengono gli devono dare concretamente una mano.