La diplomazia sulla guerra in Ucraina entra in una fase che tutte le parti definiscono decisiva, tra dichiarazioni caute ma ottimistiche, nodi ancora irrisolti e un intenso intreccio di contatti internazionali. Dal Cremlino arrivano segnali di apertura: secondo Mosca, il negoziato sarebbe “nella fase finale” e la pace “più vicina che mai”. Un messaggio che si accompagna all’attesa per un nuovo colloquio tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il leader russo Vladimir Putin, dopo la telefonata definita “molto produttiva” dallo stesso Trump.
Al centro della scena resta però l’incontro avvenuto in Florida tra Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Al termine dei colloqui a Mar-a-Lago, il leader americano ha parlato di “progressi significativi”, pur ammettendo che la questione del Donbass resta uno dei punti più complessi del negoziato. Zelensky ha confermato che circa il 90% del piano di pace sarebbe già condiviso, con un’intesa completa sulla dimensione militare e sulle garanzie di sicurezza, definite “fondamentali per una pace duratura”.
Il piano in discussione, articolato in 20 punti, ruota attorno a garanzie di sicurezza di lungo periodo, sul modello dell’articolo 5 della Nato, con una durata di 15 anni prorogabili, un arco temporale che Kiev vorrebbe ulteriormente estendere. L’Ucraina chiede inoltre di mantenere le proprie forze armate agli attuali livelli, circa 800.000 effettivi, e una data certa per l’adesione all’Unione europea. Sul fronte territoriale, la proposta prevede il congelamento dei combattimenti nel Donetsk lungo le attuali linee del fronte e la creazione di una zona cuscinetto demilitarizzata sotto supervisione internazionale. A questo si aggiungono 800 miliardi di dollari per la ricostruzione del Paese e un rafforzamento dei rapporti economici con Washington, inclusa l’ipotesi di un accordo di libero scambio e una gestione condivisa della centrale nucleare di Zaporizhzhia.
Nonostante l’ottimismo, Zelensky mantiene un approccio prudente. Ha ricordato che non è la prima volta che Mosca annuncia aperture poi non seguite da atti concreti e ha chiarito che la legge marziale potrà essere revocata solo dopo aver ottenuto garanzie di sicurezza sufficienti. Sui territori occupati, il presidente ucraino ha ribadito che ogni decisione dovrà rispettare la Costituzione e il popolo ucraino, lasciando aperta anche l’ipotesi di un referendum.
Parallelamente alla diplomazia, il conflitto continua sul terreno. Secondo lo Stato maggiore di Kiev, nelle ultime 24 ore si sono registrati 209 scontri armati, con intensi bombardamenti russi e un massiccio impiego di droni. Mosca ha affermato di aver abbattuto nella notte 89 droni ucraini, mentre media indipendenti russi hanno segnalato esplosioni in un aeroporto militare nel sud del Paese.
Sul piano politico europeo, cresce il sostegno allo sforzo negoziale americano. Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato una riunione a Parigi, all’inizio di gennaio, della cosiddetta “coalizione dei volenterosi” per definire contributi concreti alle garanzie di sicurezza. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha parlato di “buoni progressi” e ha ribadito che l’Europa è pronta a collaborare fin dal primo giorno per consolidare un accordo.
Anche Londra e Roma si muovono sulla stessa linea. Il premier britannico Keir Starmer ha espresso pieno sostegno allo slancio dei colloqui, mentre il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha confermato che l’Italia continuerà a sostenere Kiev sul piano politico, economico e militare, giudicando equilibrato il decreto che proroga l’invio di aiuti fino al 2026. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha sottolineato che ora spetta a Mosca dimostrare responsabilità.
Da Pechino, infine, arriva l’auspicio di un accordo “giusto, solido e vincolante”, mentre Zelensky guarda ai prossimi passi: Kiev punta a ospitare già nelle prossime settimane un incontro con negoziatori di Stati Uniti e Unione europea, per portare per la prima volta il tavolo della trattativa sul territorio ucraino. Un segnale politico forte, in una fase in cui la distanza tra guerra e pace sembra ridursi, ma resta ancora colma di incognite.



