Nonostante negli ultimi anni il commercio elettronico abbia registrato tassi di crescita più che doppi rispetto a quelli dei piccoli negozi di prossimità, il cuore delle vendite al dettaglio continua a battere nei punti vendita fisici. Secondo la Cgia circa il 90 per cento delle vendite di prodotti avviene ancora attraverso le attività commerciali tradizionali. I numeri più recenti confermano un quadro articolato. Nel 2024 la penetrazione dell’e-commerce sul totale delle vendite retail (online più offline) si è attestata al 13 per cento: la quota è salita al 17 per cento nei servizi, mentre si è fermata all’11 per cento per i prodotti. In termini economici, gli acquisti online B2C hanno raggiunto complessivamente i 58,8 miliardi di euro, di cui 38,2 miliardi riferiti ai prodotti e 20,6 miliardi ai servizi.
Crescite a confronto
Analizzando l’andamento delle vendite al dettaglio nei primi dieci mesi del 2025 rispetto allo stesso periodo del 2024, emerge una crescita del 2,1 per cento sia per l’e-commerce sia per la grande distribuzione. Di segno opposto, invece, l’andamento delle vendite al di fuori dei negozi e delle imprese operanti su piccole superfici, che hanno registrato una flessione dello 0,7 per cento. Il divario diventa ancora più evidente nel confronto tra il 2024 e il 2019, ultimo anno pre-pandemico. Le vendite online sono aumentate del 72,4 per cento, quelle della grande distribuzione del 16,4 per cento (trainate soprattutto dall’alimentare). I negozi di vicinato, invece, si sono fermati a un modesto +2,9 per cento, mentre le vendite al di fuori dei negozi sono diminuite del 4,1 per cento.
E-commerce diffuso
Il commercio elettronico guadagna terreno, ma non è destinato a cancellare i negozi di prossimità. Questi ultimi, pur attraversando una fase di difficoltà, continuano a generare la maggior parte del fatturato del commercio al dettaglio, con effetti positivi sull’occupazione, sul tessuto urbano e sulla qualità della vita. Le esperienze internazionali mostrano che nei Paesi con regolazione debole e pressione fiscale elevata l’online cresce più rapidamente. Dove invece esiste un tessuto commerciale urbano solido e politiche di sostegno mirate, il negozio di vicinato dimostra una maggiore capacità di resistenza.
Un italiano su due compra online
Secondo i dati Eurostat riferiti al 2024, il 53,6 per cento degli italiani ha effettuato almeno un acquisto online di beni o servizi. Nel confronto europeo, solo la Bulgaria presenta una quota inferiore. La media dell’Unione europea è pari al 71,8 per cento, con punte superiori al 90 per cento in Paesi come Danimarca, Paesi Bassi e Irlanda. Rispetto a dieci anni fa, tuttavia, l’Italia ha registrato una crescita del 31,3 per cento, superiore alla media UE (+25,6), segnale di un progressivo recupero.
Trento e Valle d’Aosta in testa, Calabria in coda
A livello territoriale, i dati Istat 2024 indicano la Provincia autonoma di Trento come area con la maggiore diffusione degli acquisti online (49,2 per cento dei residenti), seguita da Valle d’Aosta (47,2 per cento), Toscana (47 per cento) e Friuli Venezia Giulia (46,4 per cento). All’estremo opposto della classifica si colloca la Calabria, con il 27,6 per cento.
Abbigliamento e calzature guidano il boom digitale
Il comparto con la più alta quota di penetrazione dell’online è quello dell’abbigliamento, scarpe e accessori: nel 2024 il 23,2 per cento degli acquisti è avvenuto via e-commerce. Seguono articoli per la casa e giardinaggio (13,7 per cento), film e serie in streaming (13,4 per cento), servizi di trasporto (11,4 per cento) e cosmetici (9,5 per cento).
I vantaggi dell’online
L’e-commerce offre indubbi vantaggi: riduzione dei tempi di acquisto, facilità di confronto dei prezzi, accesso immediato alle informazioni e standard di comodità elevati, come acquisti h24, consegne rapide e possibilità di reso. I piccoli negozi, invece, scontano la concorrenza di grandi operatori globali in grado di praticare politiche di prezzo aggressive e, in molti casi, di beneficiare di regimi fiscali più favorevoli.
Quali politiche per sostenere i piccoli esercenti
Secondo la Cgia non servono battaglie nostalgiche in difesa del commercio tradizionale, ma interventi strutturali che favoriscano concorrenza leale e sostenibilità. Tra le priorità indicate: una fiscalità più equa per le vendite digitali, politiche urbanistiche e fiscali che riducano i costi per le attività nei centri storici e nei quartieri, e strumenti di trasformazione digitale stabili e continuativi per le piccole imprese.



