I ministri degli Esteri dell’ASEAN si sono riuniti in Malesia per affrontare l’escalation armata tra Thailandia e Cambogia, che ha già provocato oltre 500mila sfollati e decine di vittime. L’incontro, convocato in via straordinaria, mira a negoziare un cessate il fuoco immediato e a contenere le ripercussioni umanitarie e geopolitiche del conflitto. La tensione lungo il confine tra i due Paesi è esplosa nuovamente dopo il fallimento della tregua siglata sotto l’egida della Casa Bianca. Gli scontri, alimentati da dispute territoriali e rivalità storiche, si sono estesi a nuove province, colpendo villaggi e infrastrutture civili. Le autorità cambogiane parlano di attacchi aerei da parte di caccia F-16 thailandesi, mentre Bangkok accusa Phnom Penh di provocazioni armate. Nel vertice di Putrajaya, i rappresentanti dei dieci Paesi membri dell’ASEAN hanno espresso preoccupazione per il deterioramento della situazione e hanno sollecitato un ritorno al dialogo. La Malesia, che ospita i colloqui, ha proposto un piano di mediazione multilaterale, con il supporto tecnico della Cina e il monitoraggio di osservatori indipendenti. Il premier cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese ad interim Phumtham Wechayachai hanno partecipato ai colloqui, mostrando apertura verso una soluzione diplomatica. Tuttavia, le divergenze sulle condizioni del cessate il fuoco e sulla gestione dei territori contesi restano profonde. L’ASEAN, spesso criticata per la sua lentezza decisionale, è ora chiamata a dimostrare efficacia e coesione. Il conflitto tra Thailandia e Cambogia rappresenta una sfida cruciale per la stabilità regionale e per la credibilità dell’organizzazione.



