L’intelligenza artificiale entra con decisione nei processi produttivi delle imprese italiane, comprese quelle di piccole dimensioni. È quanto emerge dalle più recenti analisi sui dati pubblicati dall’Istat sull’utilizzo delle tecnologie digitali, che fotografano nel 2025 una diffusione rapida e sempre più estesa dell’IA nel sistema imprenditoriale. Un’evoluzione che rafforza il legame virtuoso tra innovazione tecnologica e creatività imprenditoriale, al centro della campagna di tesseramento Confartigianato 2026 “Intelligenza artigiana – Intelligenza creativa”.
Le imprese che innovano
Nel 2025 il 16,4% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza almeno una tecnologia di intelligenza artificiale, un dato in forte crescita rispetto all’8,2% del 2024 e al 5,0% del 2023. Aumenta anche la complessità dell’adozione: la quota di imprese che impiegano almeno due tecnologie di IA raddoppia, passando dal 5,2% del 2024 al 10,6% nel 2025.
Il salto in avanti riguarda in modo significativo anche le piccole imprese, che raddoppiano l’adozione dell’IA: nel 2025 la percentuale sale al 14,2%, rispetto al 6,9% del 2024 e al 4,4% del 2023. Considerando il trend delle imprese attive, si stima un incremento del 110,8% nel numero di piccole aziende che utilizzano l’intelligenza artificiale. Nel confronto europeo, l’uso dell’IA interessa il 17,0% delle piccole imprese dell’UE27, con Germania (23,1%) e Spagna (17,2%) sopra la media, mentre Francia (15,0%) e Italia mostrano livelli simili
Dove l’intelligenza artificiale è più usata
L’adozione dell’IA risulta particolarmente elevata in alcuni comparti. In testa figurano le imprese dell’informatica e dei servizi di informazione, dove l’utilizzo raggiunge il 53% (contro il 36,7% del 2024 e il 23,6% del 2023). Seguono le attività di produzione cinematografica, video e programmi televisivi, registrazioni musicali e sonore con il 49,5% e le telecomunicazioni con il 37,3%.
Tra le imprese che utilizzano l’intelligenza artificiale, le applicazioni più diffuse riguardano l’estrazione di informazioni da testi (70,8%), l’IA generativa per linguaggi, immagini, video e audio (59,1%) e il riconoscimento vocale (41,3%). Seguono l’analisi dei dati con tecniche di machine learning (20,0%), il riconoscimento delle immagini (17,8%), l’automazione dei flussi di lavoro (17,5%) e, in misura minore, il movimento fisico delle macchine (5,9%).
Gli ambiti aziendali in cui l’IA viene adottata più frequentemente sono marketing e vendite (33,1%), organizzazione dei processi amministrativi(25,7%) e ricerca, sviluppo e innovazione (20,0%).
I problemi da risolvere
Tra le imprese che non utilizzano l’IA ma ne hanno valutato l’introduzione (11,5% del totale), emergono diversi ostacoli: la mancanza di competenze (58,6%), l’incertezza normativa (47,3%), la scarsa disponibilità o qualità dei dati(45,2%), le preoccupazioni per privacy e protezione dei dati (43,2%) e i costi elevati (43,0%). Il 14,8% delle imprese ritiene inoltre che l’adozione dell’IA non sia utile.
Sul fronte del lavoro, l’analisi del Sistema Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro conferma una forte difficoltà nel reperire profili con competenze digitali avanzate. Nel 2024, su 686.110 ingressi programmati nei settori manifatturiero, delle costruzioni e dei servizi, oltre la metà (53,5%) delle figure con competenze digitali avanzate risulta di difficile reperimento.
Dove non c’è personale specializzato
Le criticità maggiori si registrano in Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Abruzzo, Valle d’Aosta, Marche, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Piemonte e Lazio, con punte superiori al 70% in alcune aree. In 26 province italiane le imprese segnalano difficoltà nel trovare oltre sei lavoratori su dieci con competenze digitali avanzate, a conferma di un divario tra domanda e offerta di professionalità che rischia di rallentare la piena diffusione dell’intelligenza artificiale nel sistema produttivo.



