Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato un ordine esecutivo che potrebbe segnare una svolta nella politica federale sulle droghe: la riclassificazione della cannabis per facilitarne lo studio scientifico e l’uso medico. Il provvedimento ordina alle agenzie federali di spostare la marijuana dalla Tabella I — la categoria riservata alle sostanze considerate prive di valore terapeutico e ad alto rischio di abuso — alla più permissiva Tabella III del Controlled Substances Act, la stessa che include farmaci come il Tylenol con codeina. La decisione, attesa da settimane, rappresenta uno dei cambiamenti più significativi degli ultimi decenni nella normativa federale. Pur non legalizzando la cannabis a livello nazionale, la riclassificazione apre la strada a un ampliamento della ricerca clinica, a un accesso più semplice per i laboratori e a un quadro regolatorio meno rigido per le aziende farmaceutiche. Secondo gli analisti, la misura potrebbe anche ridurre gli ostacoli burocratici che finora hanno rallentato gli studi sugli effetti terapeutici della pianta. L’ordine esecutivo accelera un processo già avviato dall’amministrazione Biden ma rimasto incompiuto al momento dell’insediamento di Trump. Il presidente ha presentato la mossa come un passo pragmatico, utile a “consentire ulteriori ricerche” e a distinguere la cannabis da sostanze come eroina e LSD, con cui condivideva la classificazione più severa. La reazione dei mercati è stata immediata: le principali aziende del settore cannabis hanno registrato rialzi significativi, spinte dalle aspettative di un contesto normativo più favorevole e di un potenziale boom della ricerca medica. Resta aperto il fronte politico. La riclassificazione potrebbe incontrare resistenze legali e opposizioni in Congresso, ma segna comunque un cambio di passo netto rispetto alla tradizionale rigidità federale.



