La quiete della spiaggia di Bondi, a Sydney, è stata spezzata sabato sera da un attacco armato che ha colpito una comunità riunita per celebrare l’Hanukkah. Un gruppo di fedeli, radunati per l’accensione pubblica della menorah, è stato preso di mira da due uomini armati: padre e figlio, entrambi residenti nella periferia occidentale della città. L’azione, rapida e coordinata, ha provocato una strage che ha scosso l’Australia e la comunità ebraica internazionale. Secondo le prime ricostruzioni della polizia del New South Wales, i due attentatori avrebbero agito con armi legalmente registrate, un dettaglio che ha immediatamente riacceso il dibattito nazionale sulla regolamentazione delle armi da fuoco. Il primo ministro Anthony Albanese, intervenuto poche ore dopo l’attacco, ha definito la vicenda “un monito drammatico” e ha annunciato l’intenzione di proporre “leggi più severe sulle armi”, sottolineando come l’attuale quadro normativo non sia più sufficiente a prevenire episodi di violenza estrema. La matrice dell’attacco è ancora oggetto d’indagine, ma le autorità hanno confermato che sul profilo social del figlio erano presenti contenuti ostili verso la comunità ebraica. Da Washington, il presidente Donald Trump ha definito l’episodio “un attentato antisemita”, invitando i governi occidentali a “non sottovalutare la minaccia dell’odio religioso”. La comunità ebraica australiana, una delle più antiche e radicate dell’emisfero sud, ha reagito con dolore ma anche con fermezza, chiedendo protezione e chiarezza sulle falle che hanno permesso ai due uomini di colpire un evento pubblico e pacifico. Intanto, Sydney si prepara a una lunga settimana di lutto e interrogativi, mentre le indagini cercano di ricostruire il percorso che ha trasformato un padre e un figlio in autori di una delle pagine più buie della storia recente del Paese.
Strage sulla spiaggia di Sydney durante l’Hanukkah: padre e figlio aprono il fuoco sui fedeli
