Il Dipartimento di Stato americano ha ufficialmente rinominato l’U.S. Institute of Peace in Donald J. Trump Institute of Peace, suscitando reazioni contrastanti nel mondo politico e accademico. La decisione è stata annunciata il 3 dicembre 2025, alla vigilia della firma dell’accordo di pace tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, ospitata proprio alla Casa Bianca. Secondo il comunicato ufficiale, la rinominazione intende “onorare il più grande mediatore nella storia della nostra nazione”, sottolineando il ruolo di Trump in numerosi processi diplomatici, tra cui quelli in Medio Oriente, Corea del Nord e Africa centrale. Sulla facciata dell’edificio di Washington è stato inciso il nuovo nome, accompagnato dallo slogan: “Il meglio deve ancora venire”. L’Istituto, fondato nel 1984 e finanziato dal Congresso, ha lo scopo di prevenire e risolvere i conflitti internazionali. La sua trasformazione in un ente intitolato a Trump rappresenta una svolta simbolica e politica, che ha già generato una nuova bufera mediatica. Molti critici accusano l’amministrazione di voler politicizzare un’istituzione storicamente indipendente. Alcuni ex dirigenti dell’Istituto hanno parlato di “usurpazione di potere”, ricordando che Trump aveva già rimosso illegalmente i vertici dell’ente nel 2025, secondo una sentenza della giudice federale Beryl Howell. In parallelo, la Casa Bianca ha licenziato oltre 200 dipendenti dell’Istituto, provocando timori per l’impatto sulle missioni di mediazione nei territori di conflitto. Nonostante le polemiche, i sostenitori del presidente celebrano la rinominazione come “un riconoscimento dovuto” al suo stile diretto e ai risultati ottenuti in campo diplomatico.




A me sembra un eccesso di ottimismo non meritato.