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Papa Leone XIV

Leone XIV: “Due Stati unica via”

Il Pontefice richiama responsabilità diplomatiche, rileva che Israele non accetta l’ipotesi e sollecita passi concreti per rilanciare dialogo, cooperazione e prospettive condivise
lunedì, 1 Dicembre 2025
2 minuti di lettura

Dunque, il viaggio di ieri tra Turchia e Libano è diventato per Papa Leone XIV un palcoscenico internazionale pià che mai adatto da cui ribadire, con parole chiarissime, la posizione della Santa Sede sul conflitto israelo-palestinese. A bordo dell’aereo che lo ha portato da Istanbul a Beirut nel pomeriggio, il Pontefice ha ‘chiacchierato’ con i giornalisti presenti a bordo e qui ha colto l’occasione per dire che la soluzione dei due Stati “resta l’unica via possibile”, ma allo stesso tempo ha ricordato di come “Israele ancora non la accetta” e che però non esiste alternativa credibile per spezzare un ciclo di violenza ormai cronicizzato. Parole misurate, ma che hanno evidenziato un cambio di passo nella comunicazione papale, più esplicita e più direttamente proiettata sul terreno politico. “La Santa Sede da anni sostiene pubblicamente questa prospettiva”, ha ricordato il Vescovo di Roma, spiegando che il Vaticano mantiene un ruolo di mediazione con entrambe le parti e che l’amicizia con Israele “non contraddice la ricerca di una soluzione giusta anche per i palestinesi”. Le affermazioni del Pontefice hanno fatto eco ai colloqui di poche ore prima con il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, incontrato a Istanbul: “Si è detto pienamente d’accordo con la proposta dei due Stati. La Turchia ha un ruolo importante da giocare e può offrire canali di dialogo che altri non hanno”.
Sua Santità ha esteso il ragionamento anche al conflitto in Ucraina, citando il contributo offerto da Ankara nel facilitare contatti tra Kiev e Mosca e ricordando che “già mesi fa Erdogan ha aiutato molto”. Ha quindi espresso speranza che lo stesso spirito possa riattivarsi oggi, quando “ci sono nuovamente proposte concrete per la pace” e la finestra diplomatica, pur fragile, “non è del tutto chiusa”.

“Un popolo che non soccombe”

Nel pomeriggio, a Beirut, Prevost ha rivolto un lungo e articolato discorso alle autorità libanesi, definendo il Paese “un popolo che non soccombe, che sa rinascere con coraggio”. Ha descritto la resilienza libanese come una qualità imprescindibile per i costruttori di pace e ha invitato il Paese a custodire la propria “lingua della speranza”, quella che gli ha permesso di attraversare guerre civili, instabilità politica e una crisi economico-sociale tra le peggiori della sua storia. “Siete una comunità di comunità”, ha detto, “ma unita da una lingua spirituale che è quella del ricominciare, del non arrendersi”. Una parte cruciale del suo intervento è stata dedicata alla riconciliazione interna. “Verità e riconciliazione crescono insieme”, ha affermato, avvertendo che le ferite personali e collettive necessitano di tempo e pazienza per rimarginarsi. “La pace non è un equilibrio precario tra chi vive separato. La pace è vivere insieme da persone riconciliate”. Ha richiamato le istituzioni alla responsabilità di perseguire il bene comune come obiettivo superiore agli interessi di parte, affermando che solo una visione condivisa può far avanzare davvero il Paese.
Il Papa ha affrontato anche il tema delle migrazioni, ribadendo che la Chiesa non solo difende la dignità di chi parte, ma desidera che nessuno sia costretto a farlo. Ha chiesto un impegno collettivo affinché i giovani libanesi possano costruire il proprio futuro nella loro terra: “Questa è la sfida del Libano e dell’intero Levante”, ha detto, invitando cristiani, musulmani e tutte le componenti civili a unire le forze per arginare l’esodo delle nuove generazioni.

Cammino ecumenico

La giornata di ieri si è aperta a Istanbul, dove Leone XIV ha partecipato alla divina liturgia nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio con il patriarca Bartolomeo I. Qui ha rilanciato il cammino ecumenico, ricordando “malintesi e conflitti del passato”, ma ribadendo che non si poteva arretrare nell’impegno per l’unità. Ha espresso gratitudine per il sostegno del Patriarcato ecumenico alla Commissione mista per il dialogo teologico tra cattolici e ortodossi, definendolo un percorso che “chiede ancora coraggio, perseveranza e un autentico ascolto reciproco”.

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