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Cisgiordania e Gaza, nuova escalation: Israele lancia un’operazione su larga scala. Crisi umanitaria sempre più grave

Identificato l’ostaggio consegnato martedi, in cambio le salme di 15 palestinesi. Onu: territori al collasso. Il Papa oggi in Turchia e in Libano
giovedì, 27 Novembre 2025
2 minuti di lettura

La situazione nei territori palestinesi vive un nuovo punto di rottura. Nella notte l’Idf ha avviato una nuova operazione antiterrorismo nel nord della Cisgiordania, distinta dalle campagne precedenti e concentrata soprattutto nell’area di Tubas e Tamun. Secondo l’agenzia palestinese Wafa, le truppe sono entrate “con grandi forze”, supportate da elicotteri Apache e bulldozer, imponendo il coprifuoco e chiudendo gli accessi alla zona. Un palestinese è rimasto ferito a Tubas, mentre i media israeliani parlano di una ventina di arresti. Nel frattempo, a Gaza, l’esercito israeliano riferisce di aver neutralizzato quattro miliziani nella zona orientale di Rafah, mentre altri due sono stati catturati. Nelle ultime settimane, secondo l’Idf, più di venti combattenti sarebbero stati uccisi mentre tentavano di fuggire dal sistema di tunnel sotterranei. Da Khan Younis arriva inoltre la notizia di un raid che ha provocato un morto e un ferito, anche se l’esercito non ha rilasciato commenti. Intanto, evoluzioni politiche emergono all’interno di Hamas: secondo il quotidiano Asharq Al-Awsat, la dirigenza starebbe valutando la dissoluzione dell’ala militare e la trasformazione in un partito politico, con ingresso nell’Olp. Un processo ancora incerto, che riflette però le pressioni regionali verso una normalizzazione post-conflitto.

Condizioni drammatiche

Ma le condizioni della popolazione restano drammatiche. Le ong locali descrivono quello in corso come “l’inverno più rigido della storia della Striscia”: piogge incessanti hanno allagato migliaia di tende, spesso già fatiscenti, con una copertura umanitaria stimata intorno al 10% del fabbisogno. Mancano coperte, materiali di riparo e assistenza sanitaria adeguata. L’Onu segnala in particolare la crescente esposizione delle donne alla violenza nei rifugi sovraffollati, oltre a un aumento di casi di depressione, suicidi e tentati suicidi. Ancora più dura la relatrice speciale Francesca Albanese, che denuncia una “pulizia etnica in Cisgiordania” e definisce il cessate il fuoco “una parola vuota”, ricordando quasi 300 morti nell’ultimo mese solo a Gaza. Albanese segnala inoltre un rapporto Onu secondo cui l’assedio alla Striscia avrebbe cancellato 69 anni di sviluppo umano, il peggior crollo mai registrato in un’area di conflitto.

Scambi di corpi

Anche sul fronte umanitario, la pressione continua a crescere. Il ministero della Sanità di Gaza, sotto il controllo di Hamas, ha annunciato ieri la restituzione da parte di Israele dei corpi di 15 palestinesi, portando a 345 il numero complessivo rientrato nel quadro degli accordi collegati al cessate il fuoco. Nella stessa giornata è stato identificato il corpo dell’ostaggio israeliano consegnato martedì: si tratta di Dror Or, rapito nel kibbutz Be’eri il 7 ottobre 2023.

Rinvio della conferenza sulla ricostruzione e missione Onu

In questo quadro volatile, anche la diplomazia appare in difficoltà: la conferenza del Cairo sulla ricostruzione di Gaza, prevista per fine novembre, è stata rinviata a data da destinarsi. Un ulteriore segnale della profondità della crisi, mentre la regione attende la visita di papa Leone XIV, che da oggi sarà in Turchia e domani in Libano per una missione urgente.

Il Marocco chiede il rispetto del cessate il fuoco

Nel contesto diplomatico, il Marocco torna a richiamare la comunità internazionale alla piena attuazione del cessate il fuoco. Il re Mohammed VI, in un messaggio all’Onu, denuncia l’espansione degli insediamenti e gli attacchi contro i palestinesi in Cisgiordania, avvertendo che le tensioni a Gerusalemme e nella moschea di Al-Aqsa rischiano di innescare “uno scontro religioso in grado di incendiare l’intera regione”. Rabat ribadisce il sostegno alla soluzione dei due Stati e alla creazione di uno Stato palestinese con capitale a Gerusalemme Est.

Ben-Gvir rimuove il capo della polizia di Gerusalemme

Sul fronte interno israeliano, nuove tensioni interne scuotono la politica di sicurezza: il ministro Itamar Ben-Gvir ha licenziato il capo della polizia di Gerusalemme, Amir Arzani, dopo il rifiuto di quest’ultimo di far entrare libri religiosi ebraici nel complesso di Al-Aqsa, temendo un’escalation e una violazione dello status quo.

Libano, continuano gli attacchi

Le Nazioni Unite tracciano un quadro ancora più cupo anche sul piano politico e della sicurezza regionale. A un anno dalla tregua sul confine libanese, secondo l’Onu 127 civili sono stati uccisi da attacchi israeliani nel sud del Libano, in 106 episodi documentati. L’organizzazione parla di violazioni della risoluzione 1701, ricordando il recente bombardamento del campo di Ain al-Hilweh, costato la vita a undici bambini.

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