Il dossier degli ostaggi ritorna al centro della crisi in Medio Oriente. La Jihad islamica ha annunciato di aver ritrovato nella zona di Nuseirat, nella parte centrale della Striscia, il corpo di un ostaggio ucciso, restituito ieri alle 16 ora locale. Le Forze di difesa israeliane hanno in seguito confermato che la Croce Rossa aveva ricevuto da Hamas una bara con i resti di un ostaggio e che i mezzi si stavano dirigendo verso il punto concordato per la consegna. Le procedure però avanzano lentamente e restano incerte. Tuttavia Israele ha ribadito che il gruppo è in grave ritardo nella restituzione delle salme previste dall’accordo di cessate il fuoco. In una nota molto dura l’ufficio del primo ministro ha parlato di ulteriore violazione chiedendo l’immediato trasferimento dei tre corpi ancora trattenuti. Né Hamas né Jihad islamica hanno fornito dettagli sul trasferimento verso Israele dei resti annunciati nelle scorse ventiquattro ore.Intanto, sul campo, mentre la Gaza Humanitarian Foundation ha sospeso le proprie operazioni per motivi di sicurezza, l’IdF ha aperto il fuoco a Bani Suheila, a est di Khan Younis, uccidendo almeno una persona secondo fonti mediche locali. In questo quadro, la Croce Rossa è stata costretta a muoversi tra bombardamenti, allagamenti e interruzioni delle attività umanitarie. Le forti piogge hanno trasformato in pozzanghere decine di tende per sfollati nella zona di Al Mawasi a Khan Younis peggiorando una situazione già estrema.
Crollo economico nei Territori palestinesi
La situazione appare sempre più disperata. Un nuovo rapporto dell’Unctad diffuso ieri fotografa il quadro economico più grave mai registrato nei Territori palestinesi. La Cisgiordania attraversa la recessione più severa della sua storia recente, mentre Gaza è precipitata in una “povertà multidimensionale”, ovvero non ha accesso a vari elementi fondamentali necessari per vivere dignitosamente. Dopo due anni di operazioni militari e restrizioni la crisi è tra le dieci peggiori al mondo dal 1960. Alla fine del 2024 il Pil palestinese è tornato ai livelli del 2010 e quello pro capite addirittura al 2003. L’Onu chiede un piano di ripresa globale con interventi immediati della comunità internazionale.
Libano in lutto e nelle mire dei raid israeliani
In parallelo il Libano continua a pagare un prezzo altissimo. L’Alto commissariato Onu per i diritti umani ha denunciato ieri l’uccisione di almeno centoventisette civili libanesi in attacchi israeliani successivi al cessate il fuoco entrato in vigore quasi un anno fa. Il portavoce Thameen Al Kheetan ha chiesto un’indagine indipendente segnalando il rischio concreto di un ampia escalation. Beirut intanto ha assistito ai funerali imponenti di Haytham Tabtabai, il comandante militare di Hezbollah ucciso domenica in un raid israeliano sulla capitale che ha provocato cinque morti e ventotto feriti. Il presidente libanese Michel Aoun ha dichiarato che il mondo deve fermare lo Stato israeliano e ha accusato Tel Aviv di cercare deliberatamente un allargamento del conflitto.
Amnesty alla Germania: no forniture di armi
Sul fronte diplomatico si è aperto un nuovo fronte polemico. Amnesty International ha chiesto alla Germania di ripristinare la sospensione dell’export di armamenti verso Israele definendo irresponsabile la decisione di Berlino di valutare caso per caso le forniture. Secondo l’organizzazione il nuovo orientamento invia a Israele il segnale che potrà continuare a violare il diritto internazionale senza timore di conseguenze. La Germania è il secondo maggiore fornitore di armi dopo gli Stati Uniti con licenze per oltre quattrocentoottantacinque milioni di euro dal sette ottobre duemilaventitre al dodici maggio duemilaventicinque.



