Negli ultimi giorni è emerso un quadro inedito e potenzialmente dirompente sulla guerra in Ucraina: secondo rivelazioni di vari media internazionali, Washington e Mosca starebbero lavorando – attraverso canali formali e informali – a una bozza di intesa per congelare il conflitto.
Ma ciò che rende questo “piano” particolarmente controverso è un punto cruciale: l’Ucraina, la principale interessata, sarebbe di fatto relegata a spettatrice, mentre Stati Uniti e Russia provano a ridisegnare i confini e gli equilibri di sicurezza europei.
Secondo inchieste di testate come The Guardian, Le Monde, Reuters e altre, un inviato speciale del presidente USA, l’uomo d’affari Steve Witkoff, e il consigliere russo Kirill Dmitriev avrebbero negoziato un documento in 28 punti che delinea un possibile accordo per la fine della guerra.
Gli elementi chiave che emergono dalle indiscrezioni:
1) Riconoscimento di fatto dei guadagni territoriali russi: il piano prevederebbe che l’Ucraina rinunci a gran parte dei territori occupati, in particolare nelle regioni orientali (Donetsk, Luhansk) e alla Crimea, già annessa nel 2014.
2) Ridimensionamento delle Forze armate ucraine: Kiev dovrebbe accettare limiti strutturali al proprio esercito, riducendo uomini, armamenti pesanti e capacità missilistiche a lungo raggio.
3) Limitazione dell’aiuto militare occidentale: gli Stati Uniti si impegnerebbero a ridurre o vincolare in modo stringente la fornitura di armamenti avanzati all’Ucraina, in cambio di un cessate il fuoco stabile.
4) Congelamento della linea del fronte: la linea di contatto attuale verrebbe trasformata in una sorta di confine de facto, in uno scenario che alcuni analisti paragonano alla divisione delle due Coree.
Da parte americana emerge una strategia doppia: continuare a sostenere militarmente l’Ucraina, con nuove forniture d’armi e il supporto dell’intelligence, mentre si inaspriscono le sanzioni verso Mosca, soprattutto contro i giganti energetici Rosneft e Lukoil, colpiti nel cuore delle loro entrate. Parallelamente, però, Washington sperimenta la via negoziale: prima il tentativo di un cessate il fuoco di 30 giorni, concordato con Kiev ma respinto dal Cremlino come un “ultimatum”; poi una serie di colloqui riservati, rivelati da fonti ucraine e statunitensi, che coinvolgono emissari americani e responsabili russi. Lo stesso Dan Driscoll, segretario dell’Esercito USA inviato a Kiev come emissario speciale, ha avuto il compito di testare la disponibilità delle parti a una trattativa strutturata.
Negli Stati Uniti, però, la politica resta spaccata: una parte dell’establishment spinge per congelare il conflitto e ridurre costi e rischi, mentre i principali think tank occidentali — dall’Institute for the Study of War a Chatham House — avvertono del pericolo di soluzioni affrettate che finirebbero per legittimare l’aggressione russa.
Sul fronte opposto, Mosca mantiene una posizione apparentemente conciliante ma sostanzialmente rigida. Il Cremlino ripete di essere “aperto al dialogo”, ma solo a condizione che le regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, insieme alla Crimea, vengano riconosciute come parte integrante della Federazione Russa, dopo i referendum giudicati illegittimi dalla comunità internazionale. Qualsiasi cessate il fuoco che non sancisca questi “nuovi confini” è definito da Mosca un’illusione occidentale.
In tutto ciò, l’Ucraina è il grande escluso. Zelensky continua a ribadire che la base di qualunque negoziato resta la sua Peace Formula in dieci punti: ritiro totale delle truppe russe, ripristino dell’integrità territoriale, sicurezza energetica e nucleare, rilascio dei prigionieri e garanzie internazionali solide. Kiev si è detta pronta a dialogare e, insieme agli alleati, sta elaborando un proprio piano di cessate il fuoco da condividere solo dopo un ampio confronto internazionale. Ma rimane irremovibile sul punto chiave: nessuna cessione territoriale. E i sondaggi mostrano che la maggioranza degli ucraini rifiuta ogni compromesso su questo tema.
Se Kiev teme una pace imposta, anche l’Europa osserva con crescente inquietudine. Francia, Germania e Regno Unito sarebbero stati informati solo a negoziati già avviati, confermando il sospetto che Stati Uniti e Russia stiano ricreando un format bilaterale che marginalizza il vecchio continente. A Bruxelles si teme che un accordo fondato sul riconoscimento delle conquiste russe possa normalizzare la logica della guerra di aggressione. E si guarda con preoccupazione allo scenario di un’Ucraina “neutrale” ma vulnerabile, lasciata senza garanzie paragonabili a quelle della NATO.



