La prigione di Machala, nella provincia di El Oro, è stata teatro di una delle più gravi tragedie carcerarie nella storia recente dell’Ecuador. Gli scontri, iniziati nella notte tra sabato e domenica, hanno coinvolto bande rivali all’interno della struttura, provocando un’escalation di violenza che ha richiesto l’intervento delle forze speciali. Secondo il Servizio Nazionale per l’Assistenza Integrale agli Adulti Privati della Libertà (Snai), quattro detenuti sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco, mentre altri 27 sono morti per asfissia, probabilmente causata da esplosioni o incendi appiccati durante la sommossa. Le autorità hanno confermato che oltre trenta persone sono rimaste ferite, tra cui anche membri delle forze dell’ordine. Il bilancio, inizialmente contenuto, è salito rapidamente nel pomeriggio di domenica, quando sono stati rinvenuti i corpi privi di vita in diverse sezioni del penitenziario. Secondo fonti ufficiali, la rivolta sarebbe legata ai piani del governo di trasferire alcuni detenuti in un nuovo carcere di massima sicurezza, misura che avrebbe innescato tensioni tra gruppi criminali rivali. L’Ecuador, da tempo alle prese con il sovraffollamento carcerario e l’infiltrazione delle gang nelle strutture penitenziarie, vive una crisi sistemica che ha già causato centinaia di morti negli ultimi anni. Il presidente Daniel Noboa ha convocato una riunione d’emergenza con il ministro dell’Interno e il capo della polizia, promettendo “tolleranza zero contro la violenza carceraria” e annunciando l’invio di rinforzi militari per garantire la sicurezza nelle prigioni. Intanto, le famiglie dei detenuti si sono radunate fuori dal carcere di Machala, chiedendo verità e giustizia. La comunità internazionale osserva con preoccupazione: l’ennesimo massacro dietro le sbarre evidenzia la fragilità delle istituzioni penitenziarie ecuadoriane e la necessità urgente di riforme strutturali.


