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Il Referendum sulla divisione delle carriere dei Magistrati è decisivo?

venerdì, 7 Novembre 2025
2 minuti di lettura

Non sono un giurista, né un magistrato e non ho tessere di partito. Mi trovo quindi nella condizione della stragrande maggioranza dei cittadini chiamati a esprimersi nel prossimo referendum e mi trovo quindi a poter esprimere la mie convinzioni libero da condizionamenti. Vorrei iniziare valutando le ragioni del NO:

  • A) Questo cambiamento costituzionale mette in pericolo la democrazia
  • B) I pubblici ministeri finiranno sotto il controllo del Governo
  • C) I pubblici ministeri saranno dei super poliziotti spinti solo dal desiderio di incriminare e far condannare
  • D) Attualmente il transito tra la figura del pubblico ministero e quella del giudice incide solo per lo 0,5%. Non si capisce perché la Maggioranza di Governo si interessi ad un fenomeno così limitato
  • E) Sono altre le necessità del sistema giudiziario come la mancanza di personale impiegatizio la non completa digitalizzazione

La separazione delle carriere non è una novità italiana. I pubblici ministeri hanno carriere separate negli USA, nel Regno Unito, in Germania, in Francia, in Spagna e in Portogallo che sono tutte nazioni democratiche e tre di esse, USA, UK e Francia da oltre due secoli.

Nel provvedimento di modifica costituzionale approvato dalle Camere non c’è alcun riferimento alla subordinazione dei Pubblici ministeri al governo; le affermazioni che i PM dipendano dal Governo, ovvero che diventino dei super poliziotti incontrollabili confliggono tra di loro

Se i cambiamenti di ruolo sono così percentualmente esigui da non dover suscitare attenzione da parte del Governo come si spiega che una divisione delle carriere sostanzialmente già in atto preoccupi tanto l’Associazione Nazionale Magistrati?

La riforma della Giustizia non si esaurisce con questa riforma costituzionale ma il potenziamento degli organici e il miglioramento dei mezzi a disposizione dei magistrati può essere fatta e sarà fatta con legge ordinaria.

Che i magistrati abbiano le loro idee politiche è ovviamente un loro diritto ma queste posizioni politiche non solo non devono interferire con l’azione giudiziaria ma non se ne deve neanche dare l’impressione. Tralasciando recenti episodi che sembrano mettere in dubbio la imparzialità di alcune decisioni, quello che ha colpito l’opinione pubblica sono due episodi. Volgere le spalle durante la cerimonia di inizio dell’anno giudiziario durante l’intervento dei rappresentanti del governo. Ma ancora di più lo sciopero proclamato dall’ANM contro il governo. Se l’Ordine Giudiziario è uno dei tre Poteri dello Stato appare stravagante che uno di questi poteri scioperi contro l’altro. Non si è mai visto ad esempio, e sarebbe inconcepibile, che il Governo scioperi contro la Magistratura o il Parlamento contro il Governo. Ora dobbiamo domandarci: l’esito di questo referendum può essere decisivo, se respinto, nei confronti delle forze di Governo? Avrebbe potuto esserlo qualora il confronto fosse circoscritto alle posizioni assunte dal Governo e dalle Opposizioni. Ma così non è perché è proprio l’ANM ad essersi fortemente posta in campagna elettorale per il NO prima ancora che il provvedimento legislativo terminasse il suo percorso nelle Camere. Una vittoria del NO metterebbe in grave difficoltà il Governo, ma una vittoria del SI sarebbe decisiva nel mettere in difficoltà tutte le forze di opposizione, difficolta che si creerebbe anche tra di loro essendosi il PD accodato alla presa di posizione degli esponenti dei Cinque Stelle e della stampa e delle televisioni che li sostengono. Ma ancora più decisiva risulterebbe per quella parte minoritaria ma molto attiva della magistratura che dovrebbe farsi una ragione delle decisioni prese non da forze politica ma dalla volontà popolare.

Achille Lucio Gaspari

Achille Lucio Gaspari

Professore ordinario Università Tor Vergata di Roma

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