Il Ministero degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha confermato la morte di due alpinisti italiani, Alessandro Caputo (Milano) e Stefano Farronato (Bassano del Grappa), dispersi da giorni sul picco Panbari, in Nepal. I due erano impegnati in una spedizione ad alta quota quando sono stati travolti da forti nevicate al Campo 1, a circa 5.000 metri di altitudine. Il loro decesso è stato accertato il 4 novembre dalle autorità locali. La situazione resta critica: secondo la Farnesina, ci sono ancora almeno 6–9 connazionali dispersi in diverse aree del Nepal, tra cui la zona del Yalung Ri, dove si teme che una valanga abbia colpito un altro gruppo di scalatori. Le comunicazioni sono difficili e molte famiglie italiane non riescono a mettersi in contatto con i propri cari. Il Consolato Generale a Calcutta, in coordinamento con il Consolato Onorario a Kathmandu, sta seguendo da vicino l’evoluzione della crisi. Caputo e Farronato erano partiti il 31 ottobre per la scalata del Panbari, una vetta poco frequentata ma tecnicamente impegnativa. I contatti si sono interrotti dopo l’arrivo di una perturbazione improvvisa, che ha bloccato le squadre al campo base. Le ricerche sono state ostacolate da condizioni meteo estreme, con temperature sotto i -20°C e visibilità ridotta. Il mondo dell’alpinismo italiano è sotto shock. “Erano esperti, preparati, ma la montagna non perdona,” ha dichiarato il presidente del Club Alpino Italiano. Le autorità nepalesi hanno mobilitato squadre di soccorso locali e elicotteri militari, ma il terreno impervio e le continue nevicate rendono gli interventi estremamente rischiosi. La Farnesina ha attivato un’unità di crisi e invita tutti gli italiani presenti in Nepal a registrarsi sul portale “Dove siamo nel mondo” e a limitare le escursioni in quota. Intanto, le famiglie dei dispersi attendono notizie, mentre l’Italia piange due vite spezzate dalla passione per la montagna.



