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Manovra. Gronchi (Confesercenti): ci sono risposte importanti, ma poche risorse

Il nodo delle tasse per le piccole imprese. La Confederazione: fare di più sul fisco, pressione vicina al 43%
lunedì, 27 Ottobre 2025
1 minuto di lettura

Risposte importanti nella Manovra di bilancio ci sono ma per Confesercenti ci sono nodi da sciogliere: la pressione fiscale troppo alta, il lavoro povero, e con esso i contratti non regolari che danneggiano lavoratori è Stato. Sono le osservazioni che il Presidente di Confesercenti, Nico Gronchi consegna al Governo in prossimità del varo della legge finanziaria.
“È una legge di Bilancio che dà risposte importanti”, puntualizza il leader della Confederazione degli esercenti, “ma che parte con risorse troppo limitate. In una fase di consumi in frenata e lavoro impoverito, serviva un intervento fiscale più deciso”.

Cose che vanno e cose da cambiare

Positiva”, osserva Nico Gronchi, “la detassazione dei rinnovi contrattuali, ma con due criticità. I circa 3,5 milioni di lavoratori del terziario e del turismo che hanno rinnovato nel 2024 devono essere totalmente inclusi nel beneficio. Inoltre, la misura non distingue tra contratti firmati da soggetti realmente rappresentativi e quelli in dumping”.

Il problema delle tasse alte

“La pressione fiscale”, sottolinea il presidente della Confesercenti, “resta nel 2026 vicina al 43% e il rapporto tra imposte dirette e PIL supera il 15%, sui massimi storici: un livello che continua a comprimere consumi e potere d’acquisto. Con questa impostazione l’effetto sulla crescita sarà minimo: nullo nel 2026, +0,1% nel 2027 e di nuovo nullo nel 2028 secondo le nostre stime”.

La mancanza di una spinta

Per Nico Gronchi si rischia che i conti dello Stato siano in sicurezza ma quelle delle famiglie, o parte di esse, quelle con pochi introiti economici, siano sempre più marginalizzate.
Così rischiamo una manovra corretta nell’impianto ma priva della spinta necessaria”, fa presente il presidente della Confesercenti, “Con consumi deboli e prelievo ancora alto la crescita non può ripartire: servono misure fiscali più incisive e un riconoscimento pieno della contrattazione di qualità, a tutela del lavoro e della domanda interna”.

La crisi che frena gli acquisti

A preoccupare la Confederazione sono i consumi che non riescono a decollare portando così meno introiti nelle casse delle piccole imprese del commercio che già sono in difficoltà. “L’aumento dei consumi è un’illusione ottica”, sottolinea ancora la Confesercenti, “Nel 2024, secondo nostre stime, la spesa complessiva per consumi è aumentata in termini nominali di appena lo 0,6% rispetto al 2023, ma al netto dell’inflazione il potere d’acquisto delle famiglie ha registrato una nuova frenata: in termini reali valutiamo una contrazione di circa 4 miliardi di euro. Un arretramento”, conclude la Confederazione, “che si aggiunge a una perdita strutturale più ampia: rispetto al 2019, la spesa reale delle famiglie risulta ancora inferiore dell’11% circapari a 3.400 euro in meno l’anno per nucleo familiare, di cui 600 euro per alimentari, a testimonianza di un potere d’acquisto non recuperato dopo la lunga ondata inflazionistica”.

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