In Nigeria, il cristianesimo rischia di scomparire. È l’allarme lanciato da diverse ONG internazionali che denunciano una spirale di violenza jihadista contro le comunità cristiane, in particolare nella Middle Belt — la fascia centrale del Paese dove si incrociano Nord musulmano e Sud cristiano. “Se non si interviene nei prossimi anni, il cristianesimo cesserà di esistere in Nigeria”, ha dichiarato Emeka Umeagbalasi, fondatore dell’organizzazione Intersociety. Secondo Open Doors, nel 2024 oltre 3.100 cristiani sono stati uccisi in Nigeria per la loro fede, su un totale mondiale di 4.476. La stessa ONG stima che 16,2 milioni di cristiani siano stati sfollati nell’Africa subsahariana, molti dei quali proprio dalla Nigeria. Dal 2009, anno d’inizio dell’insurrezione di Boko Haram, sarebbero state attaccate o distrutte oltre 19.000 chiese. La violenza è attribuita a gruppi jihadisti come Boko Haram, ISWAP e milizie Fulani radicalizzate. “Ogni due giorni, un villaggio cristiano viene attaccato”, afferma Jabez Musa, avvocato per i diritti umani che opera sotto pseudonimo. Gli assalti seguono schemi ricorrenti: centinaia di uomini armati in motocicletta piombano su villaggi, uccidono, bruciano e saccheggiano. Altre volte, piccoli gruppi colpiscono e si dileguano. Il governo nigeriano respinge le accuse di genocidio, sostenendo che la violenza colpisce tutte le comunità religiose. Ma secondo Umeagbalasi, questa è una “autoaccusa”: “Se ammetti che anche i musulmani non jihadisti vengono uccisi per motivi religiosi, stai riconoscendo una persecuzione sistemica”. Il Dipartimento di Stato USA ha espresso “profonda preoccupazione” per la situazione, ma non ha ancora incluso la Nigeria tra i Paesi di particolare preoccupazione per la libertà religiosa. Intanto, il Congresso americano ha definito gli attacchi “una purificazione religiosa”, chiedendo maggiore pressione diplomatica. La Middle Belt resta l’epicentro di un conflitto che mescola religione, etnia e lotte per la terra.
