L’Amministrazione per la sicurezza e la salute sul lavoro (OSHA), agenzia federale statunitense incaricata di tutelare i lavoratori, è finita al centro di un acceso dibattito dopo la rivelazione di una direttiva interna che avrebbe esentato i datori di lavoro del settore sanitario dal segnalare gli effetti collaterali dei vaccini COVID-19. La misura, in vigore dal giugno 2021 fino a febbraio 2025, è stata confermata da un funzionario del Dipartimento del Lavoro e ha sollevato dubbi sulla trasparenza delle politiche sanitarie adottate durante la pandemia. Secondo quanto riportato dal quotidiano ‘The Defender’, la direttiva mirava a “non scoraggiare la vaccinazione” e autorizzava gli ospedali a non registrare gli eventi avversi sul modulo OSHA 300, normalmente utilizzato per documentare gli infortuni sul lavoro. La pagina ufficiale dell’OSHA dedicata al COVID-19, ora rimossa, esplicitava che “non intendeva imporre obblighi di registrazione” per i danni da vaccino. Zowe Smith, ex codificatore medico in Arizona, ha definito la politica “provocatoria e inquietante”, sostenendo che l’agenzia fosse consapevole dei rischi ma abbia scelto di ignorarli. Esperti legali e medici parlano di una “violazione del consenso informato” e di una “manipolazione deliberata della percezione pubblica”. Gruppi come React19 e FormerFedsGroup Freedom Foundation accusano l’OSHA di aver protetto le aziende a scapito dei lavoratori. “Non si trattava di sicurezza, ma di nascondere la verità,” ha dichiarato Charlene Delfico, attivista del New Jersey. L’avvocato Greg Glaser ha parlato di “propaganda vaccinale mascherata da tutela sanitaria”. La questione riapre il dibattito sull’equilibrio tra salute pubblica e diritti individuali, e pone interrogativi sulla gestione delle emergenze sanitarie da parte delle istituzioni federali. Per molti operatori sanitari, costretti a scegliere tra il vaccino e il posto di lavoro, la fiducia nel sistema è ormai compromessa.
