Dal fast al fatto a mano: la rivincita dell’artigiano 2.0

C'era un tempo in cui certi mestieri tenevano in equilibrio la società, ma che sembravano destinati a perdersi. Fortunatamente oggi, nonostante la globalizzazione, i fast food e le fast fashion, sono sempre più i giovani li stanno riscoprendo, trasformandoli in una nicchia “cool”, sostenibile e redditizia
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C’era una volta un mondo in cui ognuno aveva un ruolo ben preciso. La signora che faceva la pasta, il calzolaio che aggiustava le scarpe, la sartina con ago e filo pronta a cucirti addosso l’abito perfetto. Ogni città, ogni paese, avevano così il loro equilibrio. Poi arrivò la globalizzazione, insieme ad internet, alla tecnologia e al fast fashion. Questi lavori non sparirono del tutto, ma vennero drasticamente ridimensionati. Culturalmente ci abituammo alla grande distribuzione. Perché passare dal fruttivendolo, dal contadino, dal macellaio se possiamo trovare tutto in un unico supermercato? Perché riparare un vestito se con 20 euro ne possiamo comprare uno nuovo?

Per anni sembrava impossibile che un giovane ambisse a fare il calzolaio. Eppure, quando vogliamo aggiustare una scarpa, trovarne uno oggi è un’impresa: pochi, introvabili, strapieni di lavoro e costosi. È la legge di Cialdini (Influence, 1984): il principio di scarsità fa lievitare il valore. Se oggi abbiamo 10.000 avvocati e 10 artigiani, è molto probabile che i secondi se la “passino” molto meglio dei primi.

Giovani, tradizione e mercato

Negli ultimi anni, una parte della nuova generazione ha iniziato a guardare con occhi diversi questi mestieri. Non tutti si piegano al consumismo usa e getta e, complice anche un mercato del lavoro saturo, alcuni, forse ancora pochi, scelgono di lanciarsi in idee imprenditoriali che riscoprono il valore del “fare” e dell’artigianato.

Ciononostante, secondo il Rapporto 2024 di Confartigianato, le imprese artigiane in Italia continuano a diminuire: -2,1% negli ultimi cinque anni. Un dato che racconta un settore in difficoltà, anche se oggi ci sarebbero strumenti potenti per rilanciarlo, dai social alle vendite online, capaci di trasformare i cosiddetti “mestieri” in una concreta occasione. Il World Economic Forum 2020 individua in questo una forma di autoimprenditorialità sostenibile, capace di coniugare tradizione e mercato globale, mentre il Maker Movement (Blikstein, 2013; Martin, 2015) mostra come i giovani siano attratti dal “fare” manuale, perché consente di esprimere creatività e identità, in contrapposizione alla standardizzazione industriale.

Senza poi dimenticare il legame con le radici. Movimenti come Slow Food sottolineano come riprendere pratiche tradizionali non è solo folklore, ma un modo per valorizzare il territorio (Transit Social Innovation, 2016). Un giovane pastaio, quindi, non vende solo tagliatelle: vende la propria storia, le proprie radici, la propria tradizione familiare sotto forma di start up. E, come evidenzia uno studio pubblicato nel 2022 sul “Journal of Consumer Research” di Aggarwal e altri, essi attribuiscono valore extra a ciò che è raro e autentico. Mestieri in via d’estinzione diventano così improvvisamente “cool” e redditizi. Non è ancora un fenomeno di massa, ma rappresenta una direzione promettente per chi vuole costruire qualcosa di solido e vero in un mondo sempre più uniformato.

Social e artigianato: la combo vincente

A dare una spinta fondamentale ci pensano i soliti social. Si rincorrono video di taglio e cucito, suoni di martelli sul cuoio, mani che impastano, un piacere ipnotico che genera milioni di visualizzazioni. Grazie al mercato digitale orizzontale anche una nicchia può trasformarsi in un business consistente. Lo dimostrano Pentina & Zhang nel 2017 in una pubblicazione sul “Journal of Interactive Marketing”, sostenendo che le piattaforme digitali non solo ampliano la visibilità, ma creano comunità di consumatori affezionati, disposti a pagare di più per ciò che percepiscono autentico. Senza contare il rapporto follower–creator, un vero e proprio legame di fiducia, per il quale i primi sono sempre più bendisposti a seguire i consigli di acquisto dei propri beniamini.

Oggi, grazie ai social, anche chi sceglie di recuperare un mestiere antico ha strumenti impensabili rispetto al passato: visibilità, storytelling e la possibilità di trasformare la propria bottega in un marchio riconosciuto. In altre parole, il ciabattino di quartiere è diventato un influencer, che, se sfrutta bene questo potere, può davvero fatturare più di molti laureati a “spasso”.

Turismo esperienziale: pagare per lavorare

In un Paese come l’Italia il turismo è terreno fertile per questi mestieri. Oltre che all’acquisto diretto, molti sono interessati a mettersi nei panni di questi artigiani. L’UNWTO, l’Organizzazione Mondiale del Turismo, nel 2022 conferma che il turismo esperienziale è in crescita, soprattutto tra i viaggiatori under 35, pronti a pagare per fare la pasta a mano, provare un workshop di ceramica o vivere una giornata da apprendista di bottega.

Non è un caso che le signore di Bari vecchia siano ormai star internazionali con le loro orecchiette. I turisti fanno la fila, filmano e postano, trasformando una tradizione in fenomeno virale. Lo stesso succede a Capri, dove il sandalo fatto a mano, creato davanti al cliente, è diventato il souvenir per eccellenza.

Da qui nascono pacchetti turistici che promettono esperienze immersive in cui letteralmente “sporcarsi le mani”. E così mestieri che un tempo venivano snobbati diventano non solo attrazioni culturali, ma nuove miniere economiche. Quello che sembrava destinato a sparire torna come risorsa preziosa. Non è nostalgia, ma resistenza creativa, capace di unire passato e futuro, tradizione e mercato. In fondo, che sia un paio di scarpe aggiustate, un piatto di orecchiette fatte a mano o un vestito cucito su misura, dietro ogni gesto c’è un valore che la globalizzazione non è riuscita a cancellare.

Questo non significa che chi intraprende queste carriere abbia trovato l’“El Dorado”. Significa piuttosto che oggi esistono strumenti, come i social, che, se usati con intelligenza, possono trasformare un antico mestiere in un lavoro contemporaneo, sostenibile e anche molto remunerativo

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